FORUM ITALIANO MOVIMENTI PER L’ACQUA osserva che:
Considerazioni
generali
L’impostazione
del documento non sembra tenere in considerazione le caratteristiche
particolari del servizio idrico che non può essere equiparato agli
altri serviti a Rete.
L’orientamento
è quello di equiparare il servizio idrico alle caratteristiche degli
altri servizi a rete – gas, elettricità – e questa impostazione
traspare in modo particolare nel ruolo centralizzato che l’Authority
intende svolgere come regolatore rispetto alle funzioni attribuite
agli Enti territoriali.
Infatti,
dalla impostazione del documento emerge che il ruolo della autorità
e di conseguenza la funzione di regolatore si caratterizza per :
- puntare ad un accentramento dei poteri e della cabina di regia a livello nazionale privilegiare un approccio “tecnico” improntato ad imbrigliare con formule matematiche il controllo della gestione del servizio idrico e a determinazione del metodo tariffario;
- non prevedere poteri sanzionatori nei confronti dei soggetti;
- non prevedere modalità a tutela degli utenti/clienti;
- ridimensiona la funzione ed il ruolo delle ATO che vengono ridotti a livello di “sezioni territoriali” (operative) della Authority le cui funzioni possono essere commissariate, che in funzioni del patto dei vincoli del patto di stabilità probabilmente non saranno in grado di svolgere direttamente neppure il ruolo di "controllo", limitandosi a comunicare all'autorità i dati del gestore;
- annulla la funzione dei Comuni rispetto alla determinazione della tariffa e controllo della gestione del SII (il percorso ipotizzato prevede che l’autorità determini le formule, le ATO con i dati dei gestori le applichino e determinino le tariffe, che l’autorità approva in via definitiva – i Comuni scompaiono).
Le
ipotesi avanzate e il rispetto del risultato referendario
Con
queste nostre note, però, ciò che ci interessa fare non è di
rispondere ai 91 quesiti, pur interessanti, proposti come base per la
consultazione per l’adozione di provvedimenti tariffari in materia
di servizi idrici, evidenziati nel Vs. documento 204/2012/IDR del 22
maggio 2012, quanto piuttosto di
sollevare alcune questioni in via preliminare
che sono, a nostro avviso, fondamentali e pregiudiziali per qualunque
altro approfondimento della discussione.
Esse
sostanzialmente si riferiscono ai temi inerenti la necessità di
precludere ogni possibilità di profitto dalla tariffa del servizio
idrico,
degli oneri
finanziari rapportati alle immobilizzazioni e della tariffa
transitoria con riferimento al periodo dal 21 luglio 2011.
Ci
interessa partire dalla questione
del secondo quesito referendario
approvato il 12 e 13 giugno scorsi dalla maggioranza assoluta dei
cittadini italiano, con il quale è stata eliminata “l’adeguatezza
della remunerazione del capitale investito” dall’art. 154, comma
1, del decreto legislativo 152/2006. Ora, la ricostruzione e le
considerazioni svolte nei paragrafi 2.34 fino a 2.40 sono
insufficienti; infatti per il pieno rispetto dell’esito
referendario la suddetta ricostruzione è gravemente deficitaria
nella parte in cui omette di ricordare che con il referendum “si
persegue, chiaramente, la finalità di rendere estraneo alle logiche
del profitto il governo e la gestione dell’acqua” (sentenza n.
26/2011 di ammissione della Corte Costituzionale). Da
questo punto di vista, ci pare corretta la conclusione che, a fronte
di quell’esito, sia possibile adottare un nuovo metodo tariffario
che dovrà assicurare la copertura integrale di tutti i costi di
esercizio e di investimento, compresi i costi finanziari. Ovviamente,
stiamo parlando dell’esito giuridico del secondo quesito
referendario, perché nulla osterebbe a percorrere una strada, che è
quella che noi indichiamo da lungo tempo, di arrivare a un nuovo
sistema complessivo di finanziamento del servizio idrico, che
distribuisca in modo più giusto ed equilibrato tale finanziamento
tra leva tariffaria, utilizzo della finanza pubblica e fiscalità
generale. Ma se stiamo all’esito giuridico derivante dal
referendum, non abbiamo da obiettare ai ragionamenti avanzati, posto
che venga comunque garantita la preclusione totale di ogni
possibilità di profitto dalla tariffa del servizio idrico. Del
resto, a questa conclusione arriva la sentenza n. 26/2011 della Corte
Costituzionale che ha dichiarato l’ammissibilità del secondo
quesito referendario nel momento in cui afferma che “la normativa
residua, immediatamente applicabile (sentenza n. 32 del 1993), data
proprio dall’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, non presenta
elementi di contraddittorietà, persistendo la nozione di tariffa
come corrispettivo, determinata in modo tale da assicurare «la
copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo
il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi
inquina paga”». O, per dirla meglio ancora con le stesse parole
utilizzate dalla Corte Costituzionale nella medesima sentenza, che
risultano illuminanti anche per i ragionamenti successivi,
“attraverso l’abrogazione parziale del comma 1 dell’art. 154,
e, in particolare, mediante l’eliminazione del riferimento al
criterio della «adeguatezza della remunerazione del capitale
investito», si persegue, chiaramente, la finalità di rendere
estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione
dell’acqua…..Invero, il quesito in questione risulta idoneo al
fine perseguito, perché, come sopra si è notato, coessenziale alla
nozione di “rilevanza” economica del servizio è la copertura dei
costi (sentenza n. 325 del 2010), non già la remunerazione del
capitale”. Insomma, la
Corte chiarisce in modo inequivocabile, da una parte, che, in caso di
abrogazione referendaria, la normativa tariffaria residua, senza la
remunerazione del capitale, è immediatamente applicabile e,
dall’altra, che, in ogni caso, dopo l’abrogazione referendaria,
la tariffa del servizio idrico deve unicamente essere costruita per
la copertura dei costi del servizio e non deve più prevedere la
remunerazione del capitale.
La stesso decreto legge 70/2011, convertito con legge 214/2011 fa
sempre riferimento per predisporre il nuovo metodo tariffario alla
copertura dei costi, come correttamente riportato nel punto 2.39:
“L’Agenzia
... [ora l’Autorità] predispone il metodo tariffario per la
determinazione, con riguardo a ciascuna delle quote in cui tale
corrispettivo si articola, della tariffa del servizio idrico
integrato, sulla base della valutazione dei costi e dei benefìci
dell’utilizzo delle risorse idriche e tenendo conto, in conformità
ai principi sanciti dalla normativa comunitaria, sia del costo
finanziario della fornitura del servizio che dei relativi costi
ambientali e delle risorse, affinché siano pienamente attuati il
principio del recupero dei costi ed il principio «chi inquina
paga»”.
Ora,
nelle ipotesi avanzate per la consultazione, il
meccanismo previsto riguardante gli oneri finanziari relativi alle
immobilizzazioni (pag. 40 e segg.) va ben al di là di
un’impostazione di un metodo tariffario volto a coprire i costi del
servizio, ma reintroduce, sia pure con una modalità differente del
precedente metodo normalizzato, un principio di remunerazione del
capitale, contraddicendo le stesse considerazioni contenute nei
paragrafi cui abbiamo fatto riferimento sopra e soprattutto violando
in modo palese l’esito referendario.
Infatti, dire, come si fa nel paragrafo 6.27, che “l’Autorità
intenderebbe prevedere un riconoscimento limitato ai costi finanziari
(intesi come quota interessi) ad un livello standard adeguato a
promuovere gli investimenti necessari a far fronte alle pressanti
esigenze del servizio, ma, nel contempo, tale da condizionare la
strategia finanziaria delle imprese verso la soluzione più efficace
in termini di ricaduta sul cliente finale” significa, da una parte
utilizzare in modo ambiguo, se non distorsivo, il concetto di oneri
finanziari che , come ci ricorda lo IAS 23, “sono gli interessi e
gli altri oneri sostenuti dall’impresa in relazione all’ottenimento
di finanziamenti”. Dall’altra, si lega l’utilizzo ambiguo di
questa voce alla promozione degli investimenti necessari a far fronte
al servizio, con ciò chiarendo che l’indice che si intende
costruire nulla ha a che vedere con la copertura degli oneri
finanziari, ma che esso è volto a riconoscere un rendimento, o
remunerazione che dir si voglia, al capitale investito, senza
distinguere da capitale proprio e capitale preso a prestito. E
infatti, andando a vedere più nel dettaglio le voci utilizzate e,
più da vicino, a pag. 44, l’equazione di determinazione di questi
“cosiddetti” oneri finanziari, si dice e si evince con chiarezza
che “l’Autorità intende riconoscere un onere finanziario del
gestore i,
commisurato al suo CIR netto ( costo immobilizzazioni riconosciuto),
quindi, in buona sostanza agli investimenti realizzati. In più,
viene specificato che il riconoscimento di tale onere finanziario è
“valutato sulla base di alcuni parametri economico-finanziari
(rapporto CS/CnS,
BTP10,
ERP,
incidenza delle tasse, inflazione, ecc.)
validi per tutti i gestori, ma personalizzato in relazione alla
struttura finanziaria della specifica impresa”. (sempre a pag. 44).
Detto in altri
termini, siamo in presenza della costruzione di un indice medio, con
alcuni aggiustamenti commisurati alle specificità dei singoli
soggetti gestori, che di fatto remunera gli investimenti realizzati,
dunque di un meccanismo basato su parametri diversi, ma che ricalca
la sostanza dell’ impianto della remunerazione del capitale
investito, con ciò violando palesemente l’esito del quesito
referendario in materia di tariffa del servizio idrico e
contraddicendo la premessa di partenza dello stesso documento
predisposto per la consultazione. Volendo essere più precisi ed
esaminando le ipotesi per la consultazione elaborate dall'AEEG emerge
chiaramente che il nuovo sistema tariffario dovrebbe
tendere ad evitare solo gli ingiustificati profitti o gli indebiti
profitti, mentre si può dedurre che i profitti “giustificati”
non solo possono essere previsti, ma addirittura devono essere
garantiti. Il
punto però è che il nuovo sistema tariffario, nel rispetto
dell'esito referendario, deve
cancellare totalmente il profitto.
E non solo se è ingiustificato e indebito, ma anche se è
“giustificato”.
Vogliamo
poi intervenire anche sulla questione
relativa alla tariffa transitoria,
esaminata nel capitolo 7 ( pagg. 60 e segg.). Su questo punto la
considerazione è molto semplice, e cioè che non è assolutamente
corretto intervenire su tale questione stabilendo, al di là del
meccanismo di rimborso, che per il periodo luglio 2011 fino al
momento dell’entrata in vigore del nuovo sistema tariffario, la
restituzione spettante agli utenti sia calcolata come differenza tra
le tariffe realmente applicate e quelle che sarebbero scaturite dalla
nuova metodologia tariffaria. In realtà, la
restituzione da far tornare agli utenti non può che essere quella
ingiustamente continuata a percepire da parte dei soggetti gestori
relativa alla continuità della voce della remunerazione del capitale
investito dal 21 luglio 2011 fino all’applicazione del nuovo metodo
tariffario. In caso
contrario, come quello prospettato dal documento per la
consultazione, ci troveremmo di fronte ad una sorta di retroattività
del nuovo sistema tariffario, come se fosse entrato in vigore dal
luglio 2011, retroattività espressamente censurata dal Consiglio di
Stato con varie sentenze ( da ultime, vedi sentenza Consiglio di
Stato, sezione VI, n. 4301 del 9 settembre 2008 e sentenza Consiglio
di Stato, sezione V, n. 3920 del 30 giugno 2011) e dallo stesso
Co.Vi.Ri (vedi delibera n. 7 del 1 dicembre 2008). Del resto, come
già evidenziato, la Corte Costituzionale nel suo giudizio di
ammissibilità del referendum ha
sancito che la normativa tariffaria residua, senza la remunerazione
del capitale, è immediatamente applicabile. Quindi non esiste e non
è mai esistito un “vuoto normativo” da colmare.
Sulla
base di questo semplice ragionamento, riteniamo dunque, anche in
questo caso, che il rispetto dell’esito referendario non possa che
evidenziare che dal 21 luglio 2011 i soggetti gestori hanno
continuato ad applicare in modo illegittimo la voce relativa alla
remunerazione del capitale investito e che, dunque, le somme
derivanti da tali introiti non possono che essere restituire
integralmente agli utenti.
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