"Ogni cosa era piu' sua che di ogni altro perchè la terra, l'aria, l'acqua non hanno padroni ma sono di tutti gli uomini, o meglio di chi sa farsi terra, aria, acqua e sentirsi parte di tutto il creato." (Mario Rigoni Stern)

domenica 17 giugno 2012

OSSERVAZIONI SUL DOCUMENTO DI CONSULTAZIONE DELL’AEEG PER L’ADOZIONE DI PROVVEDIMENTI TARIFFARI IN MATERIA DI SERVIZI IDRICI


FORUM ITALIANO MOVIMENTI PER L’ACQUA osserva che:

Considerazioni generali
L’impostazione del documento non sembra tenere in considerazione le caratteristiche particolari del servizio idrico che non può essere equiparato agli altri serviti a Rete.
L’orientamento è quello di equiparare il servizio idrico alle caratteristiche degli altri servizi a rete – gas, elettricità – e questa impostazione traspare in modo particolare nel ruolo centralizzato che l’Authority intende svolgere come regolatore rispetto alle funzioni attribuite agli Enti territoriali.
Infatti, dalla impostazione del documento emerge che il ruolo della autorità e di conseguenza la funzione di regolatore si caratterizza per :
  • puntare ad un accentramento dei poteri e della cabina di regia a livello nazionale privilegiare un approccio “tecnico” improntato ad imbrigliare con formule matematiche il controllo della gestione del servizio idrico e a determinazione del metodo tariffario;
  • non prevedere poteri sanzionatori nei confronti dei soggetti;
  • non prevedere modalità a tutela degli utenti/clienti;
  • ridimensiona la funzione ed il ruolo delle ATO che vengono ridotti a livello di “sezioni territoriali” (operative) della Authority le cui funzioni possono essere commissariate, che in funzioni del patto dei vincoli del patto di stabilità probabilmente non saranno in grado di svolgere direttamente neppure il ruolo di "controllo", limitandosi a comunicare all'autorità i dati del gestore;
  • annulla la funzione dei Comuni rispetto alla determinazione della tariffa e controllo della gestione del SII (il percorso ipotizzato prevede che l’autorità determini le formule, le ATO con i dati dei gestori le applichino e determinino le tariffe, che l’autorità approva in via definitiva – i Comuni scompaiono).

Le ipotesi avanzate e il rispetto del risultato referendario
Con queste nostre note, però, ciò che ci interessa fare non è di rispondere ai 91 quesiti, pur interessanti, proposti come base per la consultazione per l’adozione di provvedimenti tariffari in materia di servizi idrici, evidenziati nel Vs. documento 204/2012/IDR del 22 maggio 2012, quanto piuttosto di sollevare alcune questioni in via preliminare che sono, a nostro avviso, fondamentali e pregiudiziali per qualunque altro approfondimento della discussione.
Esse sostanzialmente si riferiscono ai temi inerenti la necessità di precludere ogni possibilità di profitto dalla tariffa del servizio idrico, degli oneri finanziari rapportati alle immobilizzazioni e della tariffa transitoria con riferimento al periodo dal 21 luglio 2011.

Ci interessa partire dalla questione del secondo quesito referendario approvato il 12 e 13 giugno scorsi dalla maggioranza assoluta dei cittadini italiano, con il quale è stata eliminata “l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito” dall’art. 154, comma 1, del decreto legislativo 152/2006. Ora, la ricostruzione e le considerazioni svolte nei paragrafi 2.34 fino a 2.40 sono insufficienti; infatti per il pieno rispetto dell’esito referendario la suddetta ricostruzione è gravemente deficitaria nella parte in cui omette di ricordare che con il referendum “si persegue, chiaramente, la finalità di rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua” (sentenza n. 26/2011 di ammissione della Corte Costituzionale). Da questo punto di vista, ci pare corretta la conclusione che, a fronte di quell’esito, sia possibile adottare un nuovo metodo tariffario che dovrà assicurare la copertura integrale di tutti i costi di esercizio e di investimento, compresi i costi finanziari. Ovviamente, stiamo parlando dell’esito giuridico del secondo quesito referendario, perché nulla osterebbe a percorrere una strada, che è quella che noi indichiamo da lungo tempo, di arrivare a un nuovo sistema complessivo di finanziamento del servizio idrico, che distribuisca in modo più giusto ed equilibrato tale finanziamento tra leva tariffaria, utilizzo della finanza pubblica e fiscalità generale. Ma se stiamo all’esito giuridico derivante dal referendum, non abbiamo da obiettare ai ragionamenti avanzati, posto che venga comunque garantita la preclusione totale di ogni possibilità di profitto dalla tariffa del servizio idrico. Del resto, a questa conclusione arriva la sentenza n. 26/2011 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’ammissibilità del secondo quesito referendario nel momento in cui afferma che “la normativa residua, immediatamente applicabile (sentenza n. 32 del 1993), data proprio dall’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, non presenta elementi di contraddittorietà, persistendo la nozione di tariffa come corrispettivo, determinata in modo tale da assicurare «la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”». O, per dirla meglio ancora con le stesse parole utilizzate dalla Corte Costituzionale nella medesima sentenza, che risultano illuminanti anche per i ragionamenti successivi, “attraverso l’abrogazione parziale del comma 1 dell’art. 154, e, in particolare, mediante l’eliminazione del riferimento al criterio della «adeguatezza della remunerazione del capitale investito», si persegue, chiaramente, la finalità di rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua…..Invero, il quesito in questione risulta idoneo al fine perseguito, perché, come sopra si è notato, coessenziale alla nozione di “rilevanza” economica del servizio è la copertura dei costi (sentenza n. 325 del 2010), non già la remunerazione del capitale”. Insomma, la Corte chiarisce in modo inequivocabile, da una parte, che, in caso di abrogazione referendaria, la normativa tariffaria residua, senza la remunerazione del capitale, è immediatamente applicabile e, dall’altra, che, in ogni caso, dopo l’abrogazione referendaria, la tariffa del servizio idrico deve unicamente essere costruita per la copertura dei costi del servizio e non deve più prevedere la remunerazione del capitale. La stesso decreto legge 70/2011, convertito con legge 214/2011 fa sempre riferimento per predisporre il nuovo metodo tariffario alla copertura dei costi, come correttamente riportato nel punto 2.39: L’Agenzia ... [ora l’Autorità] predispone il metodo tariffario per la determinazione, con riguardo a ciascuna delle quote in cui tale corrispettivo si articola, della tariffa del servizio idrico integrato, sulla base della valutazione dei costi e dei benefìci dell’utilizzo delle risorse idriche e tenendo conto, in conformità ai principi sanciti dalla normativa comunitaria, sia del costo finanziario della fornitura del servizio che dei relativi costi ambientali e delle risorse, affinché siano pienamente attuati il principio del recupero dei costi ed il principio «chi inquina paga»”.

Ora, nelle ipotesi avanzate per la consultazione, il meccanismo previsto riguardante gli oneri finanziari relativi alle immobilizzazioni (pag. 40 e segg.) va ben al di là di un’impostazione di un metodo tariffario volto a coprire i costi del servizio, ma reintroduce, sia pure con una modalità differente del precedente metodo normalizzato, un principio di remunerazione del capitale, contraddicendo le stesse considerazioni contenute nei paragrafi cui abbiamo fatto riferimento sopra e soprattutto violando in modo palese l’esito referendario. Infatti, dire, come si fa nel paragrafo 6.27, che “l’Autorità intenderebbe prevedere un riconoscimento limitato ai costi finanziari (intesi come quota interessi) ad un livello standard adeguato a promuovere gli investimenti necessari a far fronte alle pressanti esigenze del servizio, ma, nel contempo, tale da condizionare la strategia finanziaria delle imprese verso la soluzione più efficace in termini di ricaduta sul cliente finale” significa, da una parte utilizzare in modo ambiguo, se non distorsivo, il concetto di oneri finanziari che , come ci ricorda lo IAS 23, “sono gli interessi e gli altri oneri sostenuti dall’impresa in relazione all’ottenimento di finanziamenti”. Dall’altra, si lega l’utilizzo ambiguo di questa voce alla promozione degli investimenti necessari a far fronte al servizio, con ciò chiarendo che l’indice che si intende costruire nulla ha a che vedere con la copertura degli oneri finanziari, ma che esso è volto a riconoscere un rendimento, o remunerazione che dir si voglia, al capitale investito, senza distinguere da capitale proprio e capitale preso a prestito. E infatti, andando a vedere più nel dettaglio le voci utilizzate e, più da vicino, a pag. 44, l’equazione di determinazione di questi “cosiddetti” oneri finanziari, si dice e si evince con chiarezza che “l’Autorità intende riconoscere un onere finanziario del gestore i, commisurato al suo CIR netto ( costo immobilizzazioni riconosciuto), quindi, in buona sostanza agli investimenti realizzati. In più, viene specificato che il riconoscimento di tale onere finanziario è “valutato sulla base di alcuni parametri economico-finanziari (rapporto CS/CnS, BTP10, ERP, incidenza delle tasse, inflazione, ecc.) validi per tutti i gestori, ma personalizzato in relazione alla struttura finanziaria della specifica impresa”. (sempre a pag. 44). Detto in altri termini, siamo in presenza della costruzione di un indice medio, con alcuni aggiustamenti commisurati alle specificità dei singoli soggetti gestori, che di fatto remunera gli investimenti realizzati, dunque di un meccanismo basato su parametri diversi, ma che ricalca la sostanza dell’ impianto della remunerazione del capitale investito, con ciò violando palesemente l’esito del quesito referendario in materia di tariffa del servizio idrico e contraddicendo la premessa di partenza dello stesso documento predisposto per la consultazione. Volendo essere più precisi ed esaminando le ipotesi per la consultazione elaborate dall'AEEG emerge chiaramente che il nuovo sistema tariffario dovrebbe tendere ad evitare solo gli ingiustificati profitti o gli indebiti profitti, mentre si può dedurre che i profitti “giustificati” non solo possono essere previsti, ma addirittura devono essere garantiti. Il punto però è che il nuovo sistema tariffario, nel rispetto dell'esito referendario, deve cancellare totalmente il profitto. E non solo se è ingiustificato e indebito, ma anche se è “giustificato”.
Vogliamo poi intervenire anche sulla questione relativa alla tariffa transitoria, esaminata nel capitolo 7 ( pagg. 60 e segg.). Su questo punto la considerazione è molto semplice, e cioè che non è assolutamente corretto intervenire su tale questione stabilendo, al di là del meccanismo di rimborso, che per il periodo luglio 2011 fino al momento dell’entrata in vigore del nuovo sistema tariffario, la restituzione spettante agli utenti sia calcolata come differenza tra le tariffe realmente applicate e quelle che sarebbero scaturite dalla nuova metodologia tariffaria. In realtà, la restituzione da far tornare agli utenti non può che essere quella ingiustamente continuata a percepire da parte dei soggetti gestori relativa alla continuità della voce della remunerazione del capitale investito dal 21 luglio 2011 fino all’applicazione del nuovo metodo tariffario. In caso contrario, come quello prospettato dal documento per la consultazione, ci troveremmo di fronte ad una sorta di retroattività del nuovo sistema tariffario, come se fosse entrato in vigore dal luglio 2011, retroattività espressamente censurata dal Consiglio di Stato con varie sentenze ( da ultime, vedi sentenza Consiglio di Stato, sezione VI, n. 4301 del 9 settembre 2008 e sentenza Consiglio di Stato, sezione V, n. 3920 del 30 giugno 2011) e dallo stesso Co.Vi.Ri (vedi delibera n. 7 del 1 dicembre 2008). Del resto, come già evidenziato, la Corte Costituzionale nel suo giudizio di ammissibilità del referendum ha sancito che la normativa tariffaria residua, senza la remunerazione del capitale, è immediatamente applicabile. Quindi non esiste e non è mai esistito un “vuoto normativo” da colmare.
Sulla base di questo semplice ragionamento, riteniamo dunque, anche in questo caso, che il rispetto dell’esito referendario non possa che evidenziare che dal 21 luglio 2011 i soggetti gestori hanno continuato ad applicare in modo illegittimo la voce relativa alla remunerazione del capitale investito e che, dunque, le somme derivanti da tali introiti non possono che essere restituire integralmente agli utenti.






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