La
Giunta Regionale ha recentemente votato una “Variante parziale”
al Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) “adottato”
già nel 2009 dalla precedente Giunta al fine di attribuirgli la
cosiddetta “valenza paesaggistica” prescritta dalla legislazione
statale (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio -D.Lgs. 42 /2004).
Le
associazioni e i comitati che da anni operano in tutto il Veneto a
difesa del territorio e che già nel 2009 si erano mobilitati
contro il PTRC producendo e presentando osservazioni sottoscritte da
migliaia di cittadini, hanno ricostituito un tavolo di lavoro che
si riunisce presso l’Università di Architettura di Venezia.
Il
loro obiettivo è stato quello di analizzare tale Variante e poi di
far conoscere a tutte le forze politiche, economiche e sociali della
Regione i reali contenuti, i limiti e le acrobazie procedurali di
questa versione aggiornata del principale strumento della
pianificazione e della programmazione regionale.
La
nostra analisi evidenzia innanzitutto che, se nelle relazioni e
nelle norme vengono richiamati continuamente il principio del minor
consumo
di suolo
e la tutela
del paesaggio,
nessuna
norma è realmente prescrittiva a questo fine.
Vi sono i titoli e le enunciazioni ma
il Piano è vuoto
di
indicazioni prescrittive, di vincoli e di norme cogenti
proprio sui temi che sono quelli per cui il PTRC dovrebbe poter
assumere la “VALENZA PAESAGGISTICA” .
Esaminiamo
dunque, in questo primo documento, tre
questioni fondamentali e prioritarie
che evidenziano fondati sospetti di illegittimità e di
incostituzionalità.
La
Variante proposta non introduce affatto i contenuti necessari per
assumere la prescritta Valenza Paesaggistica.
La
legge statale
(art. 143,
“richiede” al piano paesaggistico di effettuare la
ricognizione“degli
immobili e delle aree” già
vincolati attraverso
provvedimento
amministrativo,
delimitandoli e rappresentandoli in scala idonea alla loro
identificazione, nonché determinando le specifiche prescrizioni
d’uso (v. art. 143, comma 1, lett. B del Codice dei Beni Culturali
e del Paesaggio): la
presente variante di piano ed il piano adottato non assolvono a
questo compito.
Ad
un certo punto della relazione illustrativa si legge “Nel caso dei
beni oggetto di dichiarazione di notevole interesse pubblico (art.
136 Dlgs 42/2004) è già a disposizione un primo archivio
multimediale per la consultazione on-line: tale archivio, in fase di
continuo aggiornamento, costituisce già un primo importante passo
verso la sistematizzazione del materiale documentale inerente i circa
1000 decreti di tutela paesaggistica che rappresentano il vasto
insieme dei beni tutelati ex art. 136 nel territorio regionale”
(vedi allegato B, pag. 24)
Ma
questo archivio multimediale è parte del piano? Come fa ad essere
parte di un Piano se non è completo, condiviso dal Ministero e se è
in “fase di continuo aggiornamento”?
L'art.
143 del Codice
dei Beni Culturali e del Paesaggio “richiede” inoltre al piano
paesaggistico di effettuare la
ricognizione delle aree vincolate per legge (già
legge Galasso del 1985, ora art. 142 del Codice), delimitandole e
rappresentandole in scala idonea alla loro identificazione, nonché
determinando le relative prescrizioni d’uso intese ad assicurare la
conservazione dei loro caratteri distintivi e – compatibilmente con
tali caratteri – a promuovere la loro valorizzazione (vedi art.
143, comma 1, lett. c).
Neppure
questo compito è assolto dalla Variante al piano:
non sono – per esempio – rappresentati in scala idonea alla loro
identificazione, i parchi e le riserve nazionali e regionali, ne’ i
territori coperti da foreste e boschi, ecc. (secondo l’elenco
dell’art. 142 del codice).
Sempre
nella relazione illustrativa (pag. 24) si legge: “Nel caso dei beni
tutelati per legge (art. 142 Dlgs 42/2004), si tratta di procedere
nella verifica
delle perimetrazioni
al fine di una loro sistematizzazione che tenga conto delle
importanti relazioni ecosistemiche, storiche e sceniche che
identificano la
pertinenza paesaggistica
del bene da tutelare.”
Se
si afferma che “si tratta di procedere….”, infatti, vuol dire
che non si è proceduto.
Il
tutto è infatti rinviato ai piani paesaggistici d’ambito. Ma, in
assenza di questi Piani, la attribuzione della Valenza Paesaggistica
è solo dichiarata e quindi meramente “teorica” (diremmo “di
facciata”) e non effettiva.
A
questo punto sorge la domanda ed il sospetto vizio di illeggitimità:
Come
fa la Direzione Regionale dei Beni Culturali - soggetto
copianificatore - che per conto del Ministero deve sottoscrivere con
la Regione il PTRC certificando che è a “valenza paesaggistica”
a convenire e a dare il via libera su questa attribuzione quando i
Piani Paesaggistici d’ Ambito sono solo enunciati e rinviati?
Quando nessun vincolo è tracciato sulla cartografia e quando nessuna
norma prescrive tutele ne’, tantomeno, indicazioni per il restauro
dei paesaggi degradati intervenendo in tal senso in tutte le aree non
vincolate ?
I
cosiddetti PROGETTI STRATEGICI intesi come progetti attuativi del
P.T.R.C. sono solo evocati ma non selezionati e individuati. Sarà
la Giunta Regionale a disporne , quando crederà, le priorità, i
modi e i tempi.
La
domanda che sorge subito è la seguente: “Può
essere considerato un Piano uno strumento che non elenchi e non
indichi con precisione nella cartografia i Progetti Strategici
attraverso cui si vuole attuarlo?”
L’articolo
5 delle Norme Tecniche prevede che «Per
l’attuazione del PTRC possono essere definiti appositi progetti
strategici finalizzati alla realizzazione di opere, interventi o
programmi diintervento di particolare rilevanza che interessino parti
significative del territorio regionale». Nella
precedente versione delle Norme l’art. 5 elencava 12 progetti
strategici, mentre nella versione attuale - eliminato l’elenco - ci
si limita a stabilire che «La
Giunta Regionale provvede con propriatti all’individuazione dei
progetti strategici, per la cui attuazione si applica quanto previsto
ai sensidell’art. 26 della L.R. 11/2004».
Nell’articolato
delle Norme si individuano genericamente alcune aree preferibilmente
assoggettabili
a progetti strategici (art. 38, Aree
afferenti ai caselli autostradali, agli accessi alle superstrade e
alle stazioni SFMR;
art. 39, Portualità
veneziana;
art. 40, Cittadelle
aeroportuali;
art.41,
Hub logistici di Verona e dell'area Padova-Venezia-Treviso; art.54,
Attività diportistiche; art.63, Dolomiti e Montagna Veneta),
ma
di fatto la Giunta Regionale si riserva il diritto in qualsiasi
momento di individuare nuovi Progetti Strategici attuabili con
accordo di programma in deroga ai piani ed alle normative
urbanistiche vigenti.
Ciò
contrasta con quanto disposto dall’articolo 26 della Legge
Regionale per il governo del territorio n.11/2004, da cui deriva la
possibilità di utilizzare lo strumento dei “progetti strategici”.
L’articolo 26, comma 1, della LR 11/2004 stabilisce infatti che sia
il PTRC ad individuare i progetti strategici , il
che sottintende una competenza del Consiglio Regionale, anziché
della Giunta.
Il
richiamo ai progetti strategici, soprattutto per quanto concerne la
norma di cui all’articolo 38, che attribuisce alla Regione la
possibilità decidere le trasformazioni urbanistiche in prossimità
dei caselli autostradali e degli accessi alle superstrade, per un
raggio di 2 km dalla barriera stradale (un'enorme ed imprecisata
quantità di ambiti territoriali!) sembra di fatto principalmente
finalizzato a consentire la realizzazione indiscriminata di nuovi
centri commerciali o altre strutture in grado di generare ingenti
interessi economici (vedi anche commi 1.a e 1.b dell’art. 46 e
comma 1.g dell’art. 67 delle Norme) e quindi sembra che la Giunta
voglia riservarsi la possibilità di intervenire, volta per volta, su
nuove operazioni immobiliari negli ambiti dove la rendita assume il
massimo del valore, ma con finalità che paiono decisamente
contrastanti con la finalità dichiarata di riduzione del consumo di
suolo.
Non
può essere considerato un Piano uno strumento che non contiene e non
indica i progetti attraverso i quali andrà attuato.
Il
Consiglio Regionale non può essere chiamato ad adottare e ad
approvare un NON PIANO affidando, per delega implicita, il Governo
effettivo del Territorio alla Giunta e, al tempo stesso, i Comuni e
le altre autonomie locali comunque vadano a definirsi, non possono
vedersi sottrarre la potestà pianificatoria e urbanistica sulla
maggior parte del territorio veneto attraverso la costellazione delle
molteplici aree di 2 km di raggio intorno a tutti i caselli, agli
snodi stradali, alle stazioni SFMR sulle quali la Regione vuole
imporre il suo controllo esclusivo (per
dare un’idea: ciascuna area di raggio pari 2 km corrisponde a 1256
ettari, ovvero 20.000 ettari (200.000.000 mq.) nei soli caselli della
Pedemontana veneta)
E’
possibile introdurre una Variante ad un Piano solo adottato nel
2009 e mai approvato dal Consiglio Regionale del Veneto ?
Sembra
che la Variante venga definita come PARZIALE
proprio
allo scopo di eludere la necessità di predisporre e presentare un
diverso e decisamente nuovo PTRC.
Ma,
se il fine è quello della attribuzione della Valenza Paesaggistica,
senza la quale, ai sensi del D.Lgs. 42/2004, il PTRC non potrebbe mai
essere sottoscritto dal Ministero per i Beni Culturali e, quindi, mai
approvato, la variante sarebbe piuttosto da definirsi SOSTANZIALE.
Se
l'italiano non è un'opinione e la logica non è un calembour da
giocolieri, questa Variante, che modifica il PTRC per renderlo
approvabile ai sensi della normativa oggi vigente, è evidentemente
sostanziale.
La
contraddizione non è solo in termini.
Essa
evidenzia invece il carattere strumentale e le finalità effettive
di questa ripresentazione del PTRC che sono quelle di dotare la
Regione di uno strumento che è nominalmente un Piano ma che è
improntato alla filosofia che da vent'anni regola la pianificazione
nel Veneto:
da
un lato, “nessuna
norma, deciderà il mercato!”;
dall’altro
“il
potere decisionale e la gestione vanno delegati al governo
regionale” che
tratterà volta per volta con gli operatori immobiliari; cosa che
per altro sta già facendo, da Veneto City al Quadrante Tessera a
Verona sud al più recente Palais Lumiére, naufragato con sommo
dispiacere di chi si è prestato ad una pura operazione di
marketing;
Questa
pseudo Variante al PTRC assolve
nominalmente l’obbligo della attribuzione della Valenza
Paesaggistica, in
modo da
avere dalla Direzione Regionale del Ministero per i BB.CC. il
necessario nulla-osta; delimitate le sole aree strettamente
vincolate, ci sarà “mano libera” sulla restante parte del
territorio, cioè il 90% del Veneto!
Conclusioni,
osservazioni e richieste
Sono
queste alcune delle ragioni di fondo, desunte dal lavoro di ALTRO-VE
(Coordinamento Veneto di Comitati e Associazioni), per le quali la
sezione
di Treviso di ITALIA
NOSTRA
osserva
e denuncia che
la
Variante al PTRC è fortemente inadeguata e non rispondente in modo
sostanziale alle
norme di legge (Codice dei Beni Culturali – D.Lgs 42/2004 e
s.m.i.) ed alle stesse finalità dichiarate.
appaiono
fondati seri dubbi di illeggittimità del documento predisposto come
Variante PTRC.
la
Sezione
di Treviso di ITALIA NOSTRA
richiede
quindi che :
si
proceda con la massima urgenza alla redazione ed approvazione di un
vero Piano Paesaggistico e di un nuovo PTRC, coerenti con le stesse
analisi del Piano adottato, fondati sui principi della effettiva
tutela del patrimonio storico, culturale e paesaggistico della
nostra Regione, della sostenibilità ecologica ed ambientale e della
drastica riduzione del consumo di suolo.
che,
in attesa dell'approvazione di detto piano e di norme tecniche
cogenti, venga stabilità con apposito provvedimento regionale una
moratoria edilizia, ovvero la sospensione da parte degli enti locali
di ogni determinazione sulle domande relative ad interventi di
trasformazione edilizia ed urbanistica che interessino aree di
espansione urbana (in particolare se utilizzate o utilizzabili a
fini agricoli) ed aree poste ad una distanza inferiore al chilometro
e mezzo dagli immobili individuati come beni paesaggistici.
Treviso,
11 luglio 2013
p.ITALIA
NOSTRA sez. Treviso
il
presidente
Romeo
Scarpa