"Ogni cosa era piu' sua che di ogni altro perchè la terra, l'aria, l'acqua non hanno padroni ma sono di tutti gli uomini, o meglio di chi sa farsi terra, aria, acqua e sentirsi parte di tutto il creato." (Mario Rigoni Stern)

martedì 5 giugno 2018

PARCHI VENETI: TUTTO CAMBIA PERCHE' NULLA CAMBI

Al Presidente della 2° Comm. Regionale
Alla Giunta Regionale
Ai Consiglieri Regionali
e,p.c. Alla Presidenza di ITALIA NOSTRA
e,p.c. Ai Soci di ITALIA NOSTRA
e,p.c. Alla stampa locale
 
Oggetto: OSSERVAZIONI su PdL143 e 217 “Norme per la riorganizzazione e LA razionalizzazione dei parchi regionali
Il sottoscritto Romeo Scarpa, presidente della sezione di Treviso e delegato dal Consiglio Regionale del Veneto di ITALIA NOSTRA, impossibilitato a presenziare personalmente alle audizioni del 31-5-2018, invia le osservazioni sotto riportate ai Progetti di Legge in oggetto con preghiera di distribuzione a tutti i membri della Commissione ed ai Consiglieri Regionali, in vista della discussione in aula.
  1. Governance
Lo stato attuale delle governance dei Parchi Regionali Veneti è certamente indifendibile come struttura, perchè derivante da un'impostazione farraginosa e fin troppo partecipativa, quasi ipertrofica, in evidente contrasto con le piante organiche di alcuni parchi (escluso il Parco Colli Euganei per motivi noti a tutti...).
Per esempio il Parco Regionale del fiume Sile, di cui ho fatto parte nell'ultimo quinquennio come consigliere per il Comune di Trevivso, aveva 40 consiglieri (tre per ogni Comune, cinque per la Provincia di Treviso e uno rispettivamente per le Province di Padova e Venezia), mentre la pianta organica è stata mediamente di 7 persone (ora 9) con alcuni dipendenti con patologia invalidanti; in questo momento il Direttore f.f. (che sarebbe in quiescenza, con abnegazione fuori dall'ordinario, presta servizio (gratuitamente, credo e spero) per la causa!!).
Normalmente nei Consigli degli Enti Parco sono stati nominati coloro che non venivano eletti in Consiglio Comunale (i cosidetti “trombati”) e la loro partecipazione (per tutti i partiti con rare eccezioni) è sempre stato un puro atto di presenzialismo per miseri gettoni di presenza, più che un incarico svolto con convinzione. Coloro che avevano un mimino di interesse per l'ambiente e buona volontà si sono spesso dimessi dopo poco tempo a seguito di “baruffe chiozzotte”, che poco avevano a che fare con la finalità prioritaria di un Parco, che RICORDIAMOLO è “tutelare l'ambiente e la sua biodiversità”.
Nel migliore dei casi ci si è occupati solo di promozione turistica, quando non si è utilizzato proprio l'Ente Parco per consentire costruzioni ed interventi (con i vari Piani Casa) difficilmente realizzabili anche fuori ambito tutelato.
Il Consiglio e soprattutto le Giunte Esecutive degli Enti Parco sono stat usate per scopi ben poco nobili e credo che nessuno possa difendere questo trentennio di gestione, che però ha nomi e cognomi ben precisi; l'interesse si è focalizzato soprattutto su:
  • gestione dei finanziamenti diretti regionali (finchè ci sono stati ed allora era ...”sagra”!) o finanziamenti europei per progetti, a volte anche interessanti, ma declinati, per lo più, per dispensare incarichi “a pioggia” o acquisire aree poi abbandonate; sono decine i progetti redatti e non realizzati nel solo Parco Sile, senza che mai nessuno ne abbiamo chiesto conto: soldi sprecati!
  • gestione di un potere “spicciolo” per favorire progetti edilizi di “amici degli amici” accettando di derogare anche l'inderogabile, senza il minimo interesse per l'ambiente e con un'interpretazione molto criticabile dei vari Piani Ambientali.
Se leggete l'articolo 2 della Legge Regione 8/91, istitutiva del Parco Sile, con un minimo di onestà intellettuale, dovete ammettere che gli unici punti di interesse sono stati per i commi g) e h):
Le finalità del Parco naturale regionale del fiume Sile sono le seguenti:
  1. la protezione del suolo e del sottosuolo, della flora, della fauna, dell'acqua;
  2. la protezione e la valorizzazione del bacino idrografico nella sua funzione di risorsa idropotabile;
  3. la tutela, il mantenimento, il restauro e la valorizzazione dell'ambiente naturale, storico,architettonico e paesaggistico considerato nella sua unitarietà, e il recupero delle partieventualmente alterate;
  1. la salvaguardia delle specifiche particolarità antropologiche, geomorfologiche, vegetazionalie zoologiche;
e) la fruizione a fini scientifici, culturali e didattici;
f) la promozione, anche mediante la predisposizione di adeguati sostegni tecnico-finanziari delle attività di manutenzione degli elementi naturali e storici costituenti il Parco, nonché delle attività economiche tradizionali, turistiche e di servizio compatibili con l'esigenza primaria della tutela dell'ambiente naturale e storico;
g) lo sviluppo socio-economico degli aggregati abitativi e delle attività esistenti entro il perimetro del Parco, compatibilmente con le esigenze di tutela, con particolare riferimento alle attività connesse all'agricoltura e piscicoltura, che concorrono a determinare il paesaggio agricolo e fluviale, creando migliori condizioni abitative e di vita per le collettività locali;
h) la promozione e la disciplina delle funzioni di servizio per il tempo libero e di organizzazione dei flussi turistici.

Quello che un “autorevole” esponente politico della maggioranza in Provincia di Treviso dichiara essere la caratteristica “agro-industriale” dei Parchi!
Se resta questa impostazione “utilitaristica” di un Bene Comune come un Parco regionale c'è ben poco da fare!
Questo progetto di legge appare come la presa d'atto di un FALLIMENTO GESTIONALE, dove si centralizza solo il controllo al vertice “per non cambiare nulla”1.


Oltrettutto all'interno della trentennale gestione degli enti parco hanno brillato competenze che, più che essere utili all'ambiente, erano pronte all'obbedienza verso i partiti politici di riferimento, Non occorre specificare chi e come, ma è sufficiente ricordare il caso del Parco dei Colli Euganei, che si ritrova una pianta organica “esuberante” di forestali per effeto di assunzioni clientelari del Presidente Galan, che pensiamo non sia sconosciuto alla maggioranza die Consiglieri Regionali.2
Per fare un altro esempio “clamoroso” (solo per noi, però...) basta pensare che il Parco Regionale del Sile è un'area SIC-ZPS (che frutta bei denari di finanziamento europeo), ma confina con un aeroporto da 20 milioni di passeggeri l'anno. Mai ho visto osservazioni ai vari Piani di Sviluppo di SAVE-AERTRE; anzi ho dovuto assistere ad “autorizzazioni in deroga” per allontanare avifauna e tagliare alberi proprio in zona SIC-ZPS proprio da parte di Direttori del Parco, molto pronti (proni?) nei confronti di interessi (anche vitali), ma non facenti capo alla loro funzione. Abbiamo spiegato che il compiuto di un Direttore del Parco è applicare il Piano Ambientale e non risolvere i problemi che possono risolvere altri con ben maggiore autorità, come per esemio i Prefetti!
Nemmeno ricordiamo, in passato, osservazioni ai mega progetti di darsene sul fiume Sile della (quasi) fallita Fondazione Cassamarca, quando era il tempo delle vacche grasse dei dividendi Unicredit. Oggi invece anche il “povero” Presidente De Poli galleggia in mezzo ai debiti e non viene più di tanto considerato.
Questo trentennale comportamento che, si può definire “di servizio3” è stato reso soprattutto verso chi deteneva il potere (morale, politico o solo dei denari), mentre il Cittadino comune è sempre stato vessato da norme arzigogolate, che mai nessuno si applicato a modificare (tipo il colore degli oscuri o la forma di una finesttra su case anni '70).
Siamo noi i primi a dire che in questo modo un Parco Regionale NON può funzionare, ma siamo anche a ricordare che non basta cambiare “sistema di governance” per migliorare.
Se si continuano a nominare persone che con i Parchi e con le aree naturali non dovrebbero avere nulla a cha fare, e potrei fare un lungo e dettagliato elenco, non ci sono speranze!
In ogni caso conveniamo con la Giunta ed il Consiglio Regionale, che non ha alcun senso perpetuare un sistema che in quasi 30 ha sostanzialmente peggiorato tutti gli indicatori biologici e naturali dell'area (fintamente) tutelata, creando al massimo delle piste ciclabili, dove oggi litigano pedoni e ciclisti.
I Parchi Regionali sono odiati dai cittadini normali, dagli agricoltori, dai pescatori (anche dai cacciatori che non dovrebbero c'entrare nulla con un parco..) perchè sono fonte di vessazioni e costi, spesso ingiustificati, che nessuno si è mai peritato di spiegare a chi risiede o ha attività in un parco regionale.
Cambiate pure la “governance” dei parchi, tanto peggio di come è stato, non si riuscirà a fare. Sappiate però che è un'occasione perse e che l'Europa, prima o poi, si accorgerà che la nostra tutela è solo formale.
Ci permettiamo di rilevare che si è passati da una “governance assembleare” ad una “governance della Giunta Regionale” a scapito della rappresentanza delle Comunità Locali e di associazioni come la nostra
Nel PdL il Presidente della GRV sceglie direttamente il Presidente del Parco (tra i componenti del Consiglio direttivo), di cui la GRV designa tre soggetti della Comunità del Parco (oltre ai sindaci nel territorio); nel Consiglio Direttivo, formato da 5 componenti più il Presidente del Parco, il Presidente della Giunta regionale sceglie direttamente 3 soggetti!!
Era molto più lineare fare una legge regionale che dicesse semplicemente:
La Giunta Regionale nomina il Presidente del Parco e tre persone del Consiglio Direttivo (5+1 persone); le Comunità Locali eleggono 3 persone, (che non contano nulla).”
Non sarebbe stato molto “costituzionale”, ma certamente molto più chiaro e lineare!
  1. Competenza e professionalità
Tema, a parole sempre molto importante, ma declinato in modo molto meno nobile nella pratica. Sarebbe utile fare una semplice ricognizione delle professionalità dei trent'anni di gestione dei parchi regionali veneti per vedere che quasi tutti i “mestieri” sono stati Presidenti, Assessori e Direttori dei Parchi, salvo che qualcuno con competenza specifica. Ricordo, per un breve periodo al Parco Sile, il dott. Lonardoni del Parco della Lessinia, che aveva una specifica compentenza; per il resto, meglio sorvolare4 .
Rileviamo che anche in questo Progetto di Legge, si vuole “facilitare” la nomina di persone con “adeguato” curriculum, che giuridicamente non significa nulla, ma lascia campo libero a qualsiasi interpretazione e quindi scelta.
  • Contestiamo quindi la scelta politica di non garantire alcuna specifica professionalità in materia di tutela e conservazione della natura per :
  • i 3 soggetti designati dalla Giunta all’interno della Comunità del Parco (l’art. 4 comma 1, della proposta legislativa recita infatti: “b) tre soggetti designati dalla Giunta regionale in possesso di adeguato curriculum ed esperienza in materia di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale-rurale nonché in materia gestionale – amministrativa.) quel “nonché” potrebbe essere letto come alternativo.
  • idem per i 2 componenti che la Comunità del Parco indica per il Consiglio Direttivo che, ai sensi del comma 5 lettera b) dell’art. 4 della proposta legislativa devono essere “in possesso di adeguato curriculum ed esperienza in materia gestionale–amministrativa o in materia di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale-rurale, ( questo “o” fa sì che per il consiglio direttivo del parco possa essere indicato un soggetto privo di esperienza in materia di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale, com'è stato per anni fino ad ora, per esempio, nel Parco del Sile, che ben conosco.)
  • idem per il Presidente del Parco ( art. 6 della proposta legislativa); ma qui siamo a nomine politiche, che hanno visto professionalità le più disparate...
  • la competenza del Direttore (art.10 della proposta legislativa)dovrebbe essere meglio caratterizzata. Ad esempio, pur trattandosi di parchi di altra caratura, l’art. 2 della legge nazionale 394/1991, per accedere al concorso ed essere iscritti all'Albo dei direttori dei parchi nazionali richiede: a) diploma di laurea ai sensi dell'ordinamento previgente al Decreto del Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e tecnologica 3/11/1999 n.509; b) laurea specialistica, o magistrale, conseguita presso un'Università Statale della Repubblica italiana o presso un'Università non statale abilitata a rilasciare titoli accademici aventi valore legale. E', altresì, richiesto il possesso di uno dei seguenti requisiti:
a) essere dirigente di ruolo appartenente alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs 30/3/2001 n.165, con specifica esperienza maturata in materia di tutela delle aree protette e della biodiversità per un periodo non inferiore a sei anni;
b) essere dipendente di ruolo di una pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs 30/3/2001 n.165, avendo ricoperto per almeno sette anni incarichi di servizio correlati a materie legate alla tutela delle aree protette e della biodiversità o, se in possesso del dottorato di ricerca o del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, aver maturato almeno quattro anni di servizio in materia ambientale, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del dottorato di ricerca o del diploma di laurea. Il periodo utile per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso che abbiano acquisito esperienze in materie di tutela delle aree protette e della biodiversità è di cinque anni;
c) essere in possesso di una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica in materia di tutela dell'ambiente e della biodiversità, desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate, nelle medesime materie e per almeno sei anni, anche presso amministrazioni statali, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza.
Nella sostanza si richiede che il Consiglio Regionale dia prova di un minimo di sensibilità rispetto alle competenze, perchè se, politicamente è una scelta, scegliere chi meglio si crede essere utile alla causa, è ESSENZIALE E NECESSARIO che questi soggetti “fiduciari” diano delle garanzie minime di competenza.5
Relativamente al COMITATO TECNICO SCIENTIFICO (art. 9 della proposta legislativa)è composto da 9 componenti “di cui uno con professionalità giuridica o economica, e gli altri scelti tra esperti nelle seguenti discipline: botanica, zoologia, scienze agronomiche-forestali, zootecnia, geologia, scienze ambientali, storia, etnografia”), si ritiene che, ai fini del contenimento dei costi e di una migliore gestione delle competenza, sarebbe preferibile un Comitato Tecnico Scientifico a servizio di tutti i Parchi Regionali e non singoli Comitati Tecnico Scientifici con minori competenze ed autorevolezza.
Restiamo sempre perplessi sul fatto che un Comitato Tecnico Scientifico di Parchi Regionali, debba avvalersi di professionalità giuridiche ed economiche, visto che allo scopo meglio sarebbe avere consulenza dall'Avvocatura Regionale o avere un vero e proprio Dirigente Amministrativo.
Se parliamo di ambiente in senso “tecnico e scientifico”, appare superflua la presenza di consulenti giuristi ed amministrativi, salvo che non si pensi solo al fatto che sono da gestire appalti o beghe come quella con le peschiere di Quinto di Treviso...
  1. Conclusioni
Più in generale la proposta legislativa in discussione perde l’occasione, diremmo doverosa dopo 30 anni dall'istituzione dei parchi, di dettare una nuova disciplina regionale sulle aree protette, atteso che la vigente LR 40/1984 non è mai stata adeguata né alla L. 394/1991 né alle altra normative europee.
Questo sarà da noi segnalato all'Europa che continua a dare finanziamenti per queste aree con queste gravi deficienze normative.
Qui di seguito riportiamo parte della relazione del PDL 217 (il Pdl dell’opposizione sui parchi):
Il 21 giugno 2011 il Consiglio europeo dei ministri dell’ambiente dei 27 paesi Ue ha approvato la nuova Strategia europea per la conservazione della biodiversità per il prossimo decennio. La strategia adottata prevede sei obiettivi prioritari e azioni d’accompagnamento per ridurre in modo sostanziale le minacce che incombono sulla biodiversità. Tra le azioni si prevedono: piena attuazione della normativa europea vigente in materia di protezione della natura e della rete di aree naturali protette (Natura 2000), per migliorare lo stato di conservazione di habitat e specie; migliorare e ripristinare gli ecosistemi ed i servizi ecosistemici laddove possibile, in particolare aumentando l’uso delle infrastrutture verdi; garantire la sostenibilità delle attività agricole e forestali; salvaguardare e proteggere gli stock ittici dell’Ue; contenere le specie invasive, sempre più spesso causa della perdita di biodiversità nell’Ue; aumentare il contributo dell’Ue all’azione concertata internazionale per scongiurare la perdita di biodiversità.
L’Italia ha dal 7 ottobre 2010 la sua Strategia nazionale per la Biodiversità, nata dopo un ampio confronto tra Associazioni scientifiche, ambientaliste e le diverse categorie economiche. La Strategia nazionale prevede tre obiettivi fra loro complementari, che derivano da una attenta valutazione tecnico-scientifica. Gli obiettivi strategici mirano a garantire la permanenza dei servizi ecosistemici necessari alla vita, ad affrontare i cambiamenti ambientali ed economici in atto, ad ottimizzare la sinergia fra le politiche di settore e la protezione ambientale.
Le aree naturali protette sono uno degli strumenti fondamentali per le strategie di conservazione della biodiversità e dei servizi degli ecosistemi. Esse costituiscono un insostituibile laboratorio per la conservazione e l’aumento della biodiversità, al quale va unita una serie di servizi integrativi, attraverso lo sviluppo di attività sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale. L’efficacia delle aree protette è infatti collegata all’apporto che esse ricevono dalle comunità locali che vivono al loro interno, nonché al consenso di altri portatori di interesse a tutti i livelli (locali, nazionali, regionali, globali)6.
A distanza di 20 anni dall’entrata in vigore della legge quadro sulle aree protette (legge 394/1991), la situazione in Italia è profondamente migliorata ad iniziare dal semplice dato numerico: negli ultimi anni l’Italia è stato il Paese europeo che ha istituito il maggior numero di aree protette, in parte colmando i ritardi accumulati prima della legge del 1991.
È la stessa Strategia ad indicare i problemi che devono essere affrontati per una migliore e più efficiente gestione delle aree protette: la carenza di un approccio strategico, sistemico e sinergico nella gestione delle aree protette; la mancanza e la non omogenea disponibilità delle conoscenze naturalistiche e socioeconomiche da utilizzare quali punti di riferimento per le scelte operative gestionali; la percezione7 inadeguata delle opportunità di sviluppo economico e sociale offerte dalle aree protette e il diffuso atteggiamento teso a evidenziarne solo gli obblighi e i divieti; la lentezza nell’approvazione degli strumenti di pianificazione e di sviluppo socio economico; i ritardi nell’istituzione e nell’avvio della gestione del sistema delle aree protette; la mancanza di moduli condivisi di verifica ambientale ed economica dell’efficacia e dell'efficienza di gestione delle singole aree protette; L’INSUFFICIENTE FORMAZIONE DEL PERSONALE delle aree protette; LA CARENZA DI FIGURE PROFESSIONALI CON SPICCATO PROFILO CURRICULARE DI SETTORE negli enti di gestione, con inevitabili ripercussioni sul raggiungimento di adeguati obiettivi di conservazione e di sviluppo sostenibile; la scarsità di finanziamenti sia a livello statale che regionale e l’utilizzo non sempre coerente ed efficace dei fondi disponibili in riferimento agli obiettivi di conservazione discendenti dalla normativa. “
Tali affermazioni sono perfettamente condivisibili e sfidiamo tutti i Consiglieri a confutarle in sede di dibattito, affermando che la questione non è PRIORITARIA E STRATEGICA8.
Per tutti questi motivi, una VERA Legge Regionale sui Parchi era URGENTE. Il Progetto di Legge apporvato in Commissione non lo è...
Teniamo presente anche che anche altre leggi regionali si occupano di ambiente, purtroppo solo negli articolati delle definizioni e dei nobili obiettivi e non nella parte derogatoria ed applicativa.
La nuova legge sul contenimento del consumo del suolo (L.R.. 14/2017) che all’art.1 recita:
1. Il suolo, risorsa limitata e non rinnovabile, è bene comune di fondamentale importanza per la qualità della vita delle generazioni attuali e future, per la salvaguardia della salute, per l’equilibrio ambientale e per la tutela degli ecosistemi naturali, nonché per la produzione agricola finalizzata non solo all’alimentazione ma anche ad una insostituibile funzione di salvaguardia del territorio.
2. Il presente Capo detta norme per il contenimento del consumo di suolo assumendo quali princìpi informatori: la programmazione dell’uso del suolo e la riduzione progressiva e controllata della sua copertura artificiale,
la tutela del paesaggio, delle reti ecologiche, delle superfici agricole e forestali e delle loro produzioni, la promozione della biodiversità coltivata, la rinaturalizzazione di suolo impropriamente occupato”.
Di tutto queste belle parole, non c'è NULLA nel Progetto di Legge sui Parchi Regionali approvato in Commissione!
I posteri faranno fatica a capire una simile “disattenzione”, funzionale a mettere gli uomini giusti ai posti giusti per continuare a gestire potere e finanziamenti, senza troppo curarsi degli esiti dei progetti.
Non stiamo nemmeno a sottolineare il “nuovo centralismo regionale” che, dimentico delle istanza federaliste e di valorizzazione delle Comunità Locali, riporta al “centro” il potere.
Potete fare molto meglio con solo un po' di applicazione, sempre che lo vogliate.
Distinti saluti.
Treviso, 5 giugno 2018
p.ITALIA NOSTRA VENETO
Romeo Scarpa


1I siciliani insegnano.... vedi Tomasi di Lampedusa
2Anche se molti oggi non lo “ricordano” più... Ingrati!
3Ma annche “servile”?
4Come gli aerei del Canova sul Parco del Sile
5Altrimenti mi preseterò alle pressome selezioni per chirurgo dell'Ospedal Grando di Treviso con la mia laurea in ingegneria..
6Oggi piùche “consenso”, parlerei di “sopportazione”...
7In realtà tale “percezione” c'è, ma è tesa solo a sfruttare economicamente le aree protette per produrre un reddito oltre le loro prioritarie possibilità di conservazione. Un'area protetta non è un “bene produttivo”!
8Mi piace sottolineare che “strategico” è un aggettivo spesso abusato per la costruzioni di infrastrutture, mai e poco per l'ambiente in cui viviamo

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