Sempre
piu' spesso arrivano segnalazioni sui tagli di grandi alberi che
periodicamente le Amministrazioni programmano lungo le strade
pubbliche e questo dimostra che questi organismi vegetali stanno
prendendo una sempre maggiore importanza nella vita di alcuni di noi.
La
morte di un albero dovrebbe essere un fatto naturale per chi
comprende che il ciclo della vita è proprio un'alternanza di vita e
morte, ma ci sono alcuni aspetti che ritengo sfuggano e che meritano
una riflessione.
La
mia attenzione oggi va ad un intervento in Viale della Repubblica,
dove quattro piante di “pisoeera” sono state abbattute per motivi
a me non noti, ma ritengo plausibili, visto che chi si occupa del
verde a Treviso non è uno sprovveduto.
Quello
che sfugge è il segnale di allarme che queste “morti” danno a
tutti noi e che noi non vogliamo vedere: un
lento ed inesorabile degrado del nostro ambiente,
che porta fenomeni che ci piace chiamare “eccezionali”, mentre
sono l'ovvia conseguenza dei nostri comportamenti collettivi.
Quattro
bagolari
(Celtis australis L.) che muoiono sono poca cosa nell'insieme del
contesto, ma quello che dovrebbe piu' preoccupare è che questa
pianta è una pianta forte con un apparato radicale adatto a
sopravvivere e radicare in terreni carsici e sassosi e però non ce
l'ha fatta...
D'altronde
se andiamo a guardare
il fosso
a lato della strada Ovest la questione è ben presto chiara: un
rigagnolo di sporco, fogna e acqua ferma. Non servono analisi, non
servono grandi studi per capire che il livello dell'inquinamento è
oltre i limiti e nemmeno la forte tempra delle “pisoeére” ce
l'ha fatta.
Bene,
ora si potrà pensare a tombare il fosso e fare quell'allargamento
viario che tanto serve per avere piu' inquinamento.... Auguri.
Cerchiamo
di avere monitoraggi tecnologici (smart) sempre piu' spinti, ma abbiamo perso
la capacità di osservare quello che ci circonda e di sentire gli
allarmi che arrivano sempre piu' forti.
I
bagolari, con le foglie sempre piu' sofferenti, guardano e non
capiscono come noi, scienziati del terzo millenio, non riusciamo a
sentire questo lamento.
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