Quello che riporto è la sintesi del parere tecnico dell'Associazione Naturalistica Sandonatese che ha il pregio della chiarezza e di una presa di posizione chiara. Non si tratta di una battaglia di religione, nè di una questione tra l'abbatitore di Verona e lo sterilizzatore di San Vendemmiano, ma di una questione da affrontare e gestire con argomenti e motivi.
Questo è quanto scrive Michele Zanetti, Presidente dell'Associazione Naturalistica Sandonatese:
"Eccomi
qui, allora, a dire la mia sulla spinosa (e per molti versi banale)
questione dei cervi del Cansiglio. Lo scontro nasce dal loro presunto
sovrannumero in rapporto alla “portanza” della foresta: dove il
termine “portanza” significa capacità dell’ambiente forestale
di tollerare il prelievo alimentare degli stessi cervi, rigenerandosi
senza subire la compromissione dei propri dispositivi ecosistemici.
A
contrapporsi sono, in questo caso e come sempre, gli animalisti, i
movimenti di opinione e le associazioni ambientaliste (quelli che un
tempo venivano genericamente raggruppati nel cosiddetto “arcipelago
verde”), gli amministratori regionali e locali e le associazioni
venatorie.
I primi a sostenere che i cervi hanno diritto a vivere
indisturbati, magari senza più riprodursi (si propone di castrarli
chimicamente!!!); i secondi a sostenere che è necessario “prelevarne
un certo numero”, ovvero abbattere i soggetti ritenuti eccedenti
rispetto alla portanza della foresta.
Lo
scontro nasce da un atteggiamento negligente e colpevole degli enti
pubblici competenti, protrattosi per alcuni decenni.
Nel momento
stesso in cui alcune decine di cervi fuggirono dai recinti in cui
erano trattenuti e si dispersero nella foresta del Cansiglio, era
evidente a chiunque si occupi di questa materia, che nel volgere di
pochi decenni i cervi sarebbero diventati migliaia. Per una ragione
semplicissima: perché l’habitat forestale è il loro habitat
elettivo e perché non avevano (e non hanno) predatori naturali.
Per
decenni, dunque, si è finto di ignorare il problema, salvo scoprire
alla fine che i cervi “erano troppi” e che andavano abbattuti a
centinaia.
Nel
frattempo però è cresciuta anche la sensibilità del cittadino
comune: di colui cioè che si forma una cultura faunistica leggendo
quotidianamente il Gazzettino o la Nuova e che, nel momento in cui il
problema si presenta, si schiera ovviamente dalla parte degli
animalisti per salvare i “poveri cervi”.
Se
si volesse a questo punto semplificare, basterebbe chiedere a questi
cittadini (che forse non sono la maggioranza, ma tanto la maggioranza
nel Veneto è sempre silenziosa e non conta nulla) se sono più
importanti i cervi o la foresta. Ma cosa c’entra, dirà qualcuno:
sono importanti tutti e due! Anzi, a questo punto che foresta sarebbe
senza la bellezza dei cervi?
Certo,
è così, ma di mezzo c’è ancora la “portanza”: se i cervi
aumentano eccessivamente di numero, infatti, si mangiano la foresta e
allora addio cervi e addio foresta.
Anche perché pochissimi sanno
che una popolazione di cervi in buona salute (e questa pare lo sia),
cresce numericamente del 25% l’anno circa. Sarebbe a dire che 1000
cervi presenti nel 2013, l’anno successivo diventano 1250.
Qual
è la soluzione allora? Non certo la sterilizzazione: fa venire i
brividi soltanto a pensare ai costi (per gli uomini e per i cervi) e
lascia stupiti che a proporla siano proprio gli animalisti.
Evidentemente non sanno che la prima, la più importante e
ineludibile delle missioni che la vita ha affidato ai cervi è
proprio quella di riprodursi (esattamente come agli umani). Non è
bastato il fallimento cui si è assistito con i colombi di Venezia:
ora lo si ripropone per i cervi!
La
soluzione, lo si voglia o no, giunti a questo punto è quella
dell’abbattimento selettivo.
Lo si vuole fare con i lupi? Bene,
aspettiamo che arrivino: ci vuole un po’ di pazienza (dieci anni,
vent’anni?) e intanto i cervi continueranno ad aumentare.
Lo si
vuole fare con i fucili? Basta che sia fatto con criteri scientifici
e sotto controllo del personale addetto alla gestione della fauna
selvatica. Il che significa cominciare dai vecchi, dai malformati,
dai malati e poi via via tutti gli altri.
Così
è sempre accaduto nella storia delle relazioni tra uomo e animali
selvatici. Con la differenza che un tempo i cervi li si uccideva per
mangiare; ora lo si deve fare per salvare il Cansiglio e gli stessi
suoi, bellissimi cervi. Il che non esclude, comunque, che i cervi
abbattuti possano rifornire le mense degli ospizi, dei poveri, degli
asili e degli ospedali.
A questo punto aggiungo io, la carne dei cervi rifornisca anche i ristoranti della zona ed è fatta..
Sottolineo ancora una volta che se la Regione Veneto si affidasse a consulenti seri, i problemi si affronterebbero prima e con criteri sensati senza arrivare alla drammatizzazione che certamente fa gioco a qualcuno. Discorsi troppo difficili per l'italico popolo...
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