"Ogni cosa era piu' sua che di ogni altro perchè la terra, l'aria, l'acqua non hanno padroni ma sono di tutti gli uomini, o meglio di chi sa farsi terra, aria, acqua e sentirsi parte di tutto il creato." (Mario Rigoni Stern)

lunedì 25 settembre 2017

PIAVE: TANTO PER ESSERE CHIARI...

Qualche settimana fa il Presidente del Bacino di Pesca 8 della Provincia di Belluno ha interpellato Romeo Scarpa, presidente della Sezione di Treviso di Italia Nostra e Fausto Pozzobon, presidente del Circolo Legambiente Piavenire per chiedere un parere sulle modificazioni intervenute in circa 20 anni sull'alto corso della Piave nella zona SIC-ZPS di Nogarè.

La questione riguarda in particolare le modificazioni che si sono determinate nell'alveo dopo la costruzione della briglia di protezione dei ponti a sud della zona visitata: un continuo accumulo di materiale ghiaioso che ha rialzato l'alveo, fino a circa 2 metri in alcune zone, creando comunque delle isole di grava con una consolidata vegetazione pioniera.
Ovviamente siamo partiti con alcune perplessità e dubbi perchè nella zona del medio Piave la situazione è inversa: la ghiaia dovrebbe essere riportata in alveo per evitare l'effetto “canalone” creato dai cavatori con il beneplacito di chi dovrebbe controllare cioè il Genio Civile...

La questione non è semplice e non si può risolvere con un parere sommario perchè ci sono molti fattori e molte componenti da considerare, mentre fino ad oggi, il fiume è stato “usato” per mero sfruttamento della sua acqua e della “preziosa” ghiaia, che ha fatto la fortuna di molti nomi noti del trevigiano.
Non cambia di una virgola il nostro parere sul comportamento prettamente “predatorio” dei cavatori del consorzio CRIF trevigiano, che preferiscono scavare la ghiaia pulita in centro fiume piuttosto che fare operazioni di selezione provocando un abnorme approfondimento del fondo con uno squilibrio dell’assetto idrogeologico: il ramo della Piave a Cimadolmo è senz’acqua da un anno e mezzo (anche le ultime grandi piogge di fine estate 2017 non hanno determinato alcun effetto positivo per questa parte della conoide alluvionale) e le Grave di Papadopoli sono diventate un corpo rigido dove la forza della corrente fluviale si accentua e comporta erosioni, vista l'aumentata velocità dell'acqua al collo dell’imbuto a Ponte di Piave.

Nella zona dell'alto Piave visionata la situazione è inversa: il materiale ghiaioso si accumula sia verso la briglia sia per il continuo trasporto dell'affluente Ardo e quindi le preoccupazioni di una persona da sempre presente sul territorio come Luigi Pizzico, sono preoccupazioni ragionevoli e condivisibili, che è sciocco e da presuntuosi non considerare perchè sono osservazioni fatte in loco, da persona competente e non a tavolino.
E' da rilevare che nelle golene sia in destra che in sinistra Piave vi sono delle importanti risorgive che creano delle zone di notevole rilevanza naturalistica, sempre osservate e curate dall’associazione di pescatori come zone di ripopolamento ed accrescimento.
Ovviamente il “metodo di intervento” non è indifferente ed anzi riteniamo sia assolutamente fondamentale definire “chi fa cosa e come lo si fa” per evitare di ritrovarci interventi che dovrebbero essere di “ripristino ambientale” trasformati in disastri.
Perché non applicare in questa situazione un Contratto di Fiume circostanziato anche per dare una spinta positiva ad un movimento - il Contratto di Fiume dell’alto Piave - che esiste sulla carta ma , purtroppo , è fermo da mesi!
L’obiettivo potrebbe proprio essere un progetto di ripristino ambientale discusso e condiviso tra tutti i portatori di interesse, che così avrebbero la possibilità di apprezzare le realtà ambientali del greto ghiaioso, delle zone umide laterali, del bosco igrofilo delle golene.
E’ questo che ci pare interessante nel metodo di Pizzico: ci si preoccupa del fiume non solo come sicurezza delle persone, delle infrastrutture o come interesse economico, ma prende corpo e forza una sensibilità, che vede il fiume come un habitat prezioso, che deve avere acqua, fauna ittica e vegetazione acquatica e ripariale.

Noi non pretendiamo di essere depositari della “verità”, né “detrattori acritici dei mega progetti”, ma ribadiamo che la possibilità di intervento c'è, ma deve avere al tavolo, con pari dignità tutti i portatori di interesse, - anche i docenti universitari che hanno dato il loro autorevole parere sull’argomento - non solo quelli economicamente più forti o più amici del potere regionale.
Non accettiamo di essere criticati senza avere la possibilità di esprimere in modo dettagliato la nostra opinione e siamo sempre pronti a condividere anche pareri diversi, se sono scientificamente sostenuti e danno effetti reali validi. Un titolo universitario non può essere l'unico metro per misurare la bontà di un opinione, perchè altrimenti siamo nel campo dei dogmi, che vanno benissimo per la religione, ma non per la valorizzazione delle zone di pregio ambientale.
Evidenziamo, per esempio, che l'intevento fatto dalla Comunità Montana e già oggetto di proteste da parte dei pescatori nell'area delle risorgive di Nogarè è un evidente esempio di ciò che non va fatto perchè per proteggere una stradicciola si è canalizzata l'acqua che esondava nei prati in caso di piena con il risultato di andare a seppellire con i detriti, rovinosamente trasportati in questo stretto imbuto, tutta una zona di risorgiva.
Con gli stessi soldi spesi per canalizzare in modo indecente (ambientalmente parlando) il corso superiore del torrente, si sarebbe potuto rifare la stradina decine, se non centinaia di volte!
Ha senso un simile modo di intgervento?
Questo è un semplicissimo esempio che dimostra che noi non vogliamo che gli interventi progettati per la sicurezza idraulica diano frutti avvelenati che fanno perdere beni comuni preziosi.
Non è difficile da capire e chi sta a tavolino a progettare dovrebbe poi andare in loco a vedere questi effetti per verificare quanto ha progettato. .
Altra questione che non smetteremo mai di ricordare (cosa che troppi fanno) è che la Regione Veneto sta nascondendo da ben 5 anni il Piano di Gestione delle Z.P.S. della Piave (e del Sile) e questo non è un comportamento che possiamo dimenticare: in quei piani si dicevano cose molto importanti rispetto al Minimo Deflusso Vitale ed alle azioni di ripristino ambientale da intraprendere con urgenza, sia nei greti fluviali che nelle golene circostanti.
L'esperienza maturata nel medio Piave ci consente di vedere e valutare un progetto di “ripristino ambientale” e di validarlo in modo che porti reale beneficio alla comunità, intesa come persone, infrastrutture e ambiente.
E' certamente una sfida non semplice, né da sottovalutare, viste le posizioni spesso fortemente contrapposte con il CRIF, il Genio Civile e la Regione Veneto, ma non abbiamo paura del confronto tecnico.
La Regione Veneto, Genio Civile di Belluno e di Treviso sono in grado di accettare questa sfida oppure è preferibile per loro continuare a concedere autorizzazioni di scavo in alveo in medio Piave ed in tutta l’asta fluviale senza uno straccio di relazione idraulica ?
Questa è la domanda che poniamo e che temiamo non avrà risposta né dalla Regione Veneto, né dai consulenti dai loro consulenti. Ma noi siamo pazienti e continuiamo ad osservare il nostro fiume.

Per LEGAMBIENTE PIAVENIRE F. Pozzobon 
Per ITALIA NOSTRA Treviso R.Scarpa








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