Qualche
settimana fa il Presidente del Bacino di Pesca 8 della Provincia di
Belluno ha interpellato Romeo Scarpa, presidente della Sezione di
Treviso di Italia Nostra e Fausto Pozzobon, presidente del Circolo
Legambiente Piavenire per chiedere un parere sulle modificazioni
intervenute in circa 20 anni sull'alto corso della Piave nella zona
SIC-ZPS di Nogarè.
La
questione riguarda in particolare le modificazioni che si sono
determinate nell'alveo dopo la costruzione della briglia di
protezione dei ponti a sud della zona visitata: un continuo accumulo
di materiale ghiaioso che ha rialzato l'alveo, fino a circa 2 metri
in alcune zone, creando comunque delle isole di grava con una
consolidata vegetazione pioniera.
Ovviamente
siamo partiti con alcune perplessità e dubbi perchè nella zona del
medio Piave la situazione è inversa: la ghiaia dovrebbe essere
riportata in alveo per evitare l'effetto “canalone” creato dai
cavatori con il beneplacito di chi dovrebbe controllare cioè il
Genio Civile...
La
questione non è semplice e non si può risolvere con un parere
sommario perchè ci sono molti fattori e molte componenti da
considerare, mentre fino ad oggi, il fiume è stato “usato” per
mero sfruttamento della sua acqua e della “preziosa” ghiaia, che
ha fatto la fortuna di molti nomi noti del trevigiano.
Non
cambia di una virgola il nostro parere sul comportamento prettamente
“predatorio” dei cavatori del consorzio CRIF trevigiano, che
preferiscono scavare la ghiaia pulita in centro fiume piuttosto che
fare operazioni di selezione provocando un abnorme approfondimento
del fondo con uno squilibrio dell’assetto idrogeologico: il ramo
della Piave a Cimadolmo è senz’acqua da un anno e mezzo (anche le
ultime grandi piogge di fine estate 2017 non hanno determinato alcun
effetto positivo per questa parte della conoide alluvionale) e le
Grave di Papadopoli sono diventate un corpo rigido dove la forza
della corrente fluviale si accentua e comporta erosioni, vista
l'aumentata velocità dell'acqua al collo dell’imbuto a Ponte di
Piave.
Nella
zona dell'alto Piave visionata la situazione è inversa: il
materiale ghiaioso si accumula sia verso la briglia sia per il
continuo trasporto dell'affluente Ardo
e quindi le preoccupazioni di una persona da sempre presente sul
territorio come Luigi Pizzico, sono preoccupazioni ragionevoli e
condivisibili, che è sciocco e da presuntuosi non considerare perchè
sono osservazioni fatte in loco, da persona competente e non a
tavolino.
E'
da rilevare che nelle golene sia in destra che in sinistra Piave vi
sono delle importanti risorgive che creano delle zone di notevole
rilevanza naturalistica, sempre osservate e curate dall’associazione
di pescatori come zone di ripopolamento ed accrescimento.
Ovviamente
il “metodo di intervento” non è indifferente ed anzi riteniamo
sia assolutamente fondamentale definire “chi fa cosa e come lo si
fa” per evitare di ritrovarci interventi che dovrebbero essere di
“ripristino ambientale” trasformati in disastri.
Perché
non applicare in questa situazione un Contratto di Fiume
circostanziato anche per dare una spinta positiva ad un movimento -
il Contratto di Fiume dell’alto Piave - che esiste sulla carta ma ,
purtroppo , è fermo da mesi!
L’obiettivo
potrebbe proprio essere un progetto di ripristino ambientale discusso
e condiviso tra tutti i portatori di interesse, che così avrebbero
la possibilità di apprezzare le realtà ambientali del greto
ghiaioso, delle zone umide laterali, del bosco igrofilo delle golene.
E’
questo che ci pare interessante nel metodo di Pizzico: ci si
preoccupa del fiume non solo come sicurezza delle persone, delle
infrastrutture o come interesse economico, ma prende corpo e forza
una sensibilità, che vede il fiume come un habitat prezioso, che
deve avere acqua, fauna ittica e vegetazione acquatica e ripariale.
Noi
non pretendiamo di essere depositari della “verità”, né
“detrattori acritici dei mega progetti”, ma ribadiamo che la
possibilità di intervento c'è, ma deve avere al tavolo, con pari
dignità tutti i portatori di interesse, - anche i docenti
universitari che hanno dato il loro autorevole parere sull’argomento
- non solo quelli economicamente più forti o più amici del potere
regionale.
Non
accettiamo di essere criticati senza avere la possibilità di
esprimere in modo dettagliato la nostra opinione e siamo sempre
pronti a condividere anche pareri diversi, se sono scientificamente
sostenuti e danno effetti reali validi. Un titolo universitario non
può essere l'unico metro per misurare la bontà di un opinione,
perchè altrimenti siamo nel campo dei dogmi, che vanno benissimo per
la religione, ma non per la valorizzazione delle zone di pregio
ambientale.
Evidenziamo,
per esempio, che l'intevento fatto dalla Comunità Montana e già
oggetto di proteste da parte dei pescatori nell'area delle risorgive
di Nogarè è un evidente esempio di ciò che non va fatto perchè
per proteggere una stradicciola si è canalizzata l'acqua che
esondava nei prati in caso di piena con il risultato di andare a
seppellire con i detriti, rovinosamente trasportati in questo stretto
imbuto, tutta una zona di risorgiva.
Con
gli stessi soldi spesi per canalizzare in modo indecente
(ambientalmente parlando) il corso superiore del torrente, si sarebbe
potuto rifare la stradina decine, se non centinaia di volte!
Ha
senso un simile modo di intgervento?
Questo
è un semplicissimo esempio che dimostra che noi non vogliamo che gli
interventi progettati per la sicurezza idraulica diano frutti
avvelenati che fanno perdere beni comuni preziosi.
Non
è difficile da capire e chi sta a tavolino a progettare dovrebbe poi
andare in loco a vedere questi effetti per verificare quanto ha
progettato. .
Altra
questione che non smetteremo mai di ricordare (cosa che troppi fanno)
è che la Regione Veneto sta nascondendo da ben 5 anni il Piano di
Gestione delle Z.P.S. della Piave (e del Sile) e questo non è un
comportamento che possiamo dimenticare: in quei piani si dicevano
cose molto importanti rispetto al Minimo Deflusso Vitale ed alle
azioni di ripristino ambientale da intraprendere con urgenza, sia
nei greti fluviali che nelle golene circostanti.
L'esperienza
maturata nel medio Piave ci consente di vedere e valutare un progetto
di “ripristino ambientale” e di validarlo in modo che porti reale
beneficio alla comunità, intesa come persone, infrastrutture e
ambiente.
E'
certamente una sfida non semplice, né da sottovalutare, viste le
posizioni spesso fortemente contrapposte con il CRIF, il Genio Civile
e la Regione Veneto, ma non abbiamo paura del confronto tecnico.
La
Regione Veneto, Genio Civile di Belluno e di Treviso sono in grado di
accettare questa sfida oppure è preferibile per loro continuare a
concedere autorizzazioni di scavo in alveo in medio Piave ed in tutta
l’asta fluviale senza uno straccio di relazione idraulica ?
Questa
è la domanda che poniamo e che temiamo non avrà risposta né dalla
Regione Veneto, né dai consulenti dai loro consulenti. Ma noi siamo
pazienti e continuiamo ad osservare il nostro fiume.
Per
LEGAMBIENTE PIAVENIRE F. Pozzobon
Per ITALIA NOSTRA Treviso R.Scarpa
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