Al Presidente della
2° Comm. Regionale
Alla Giunta Regionale
Ai Consiglieri
Regionali
e,p.c. Alla
Presidenza di ITALIA NOSTRA
e,p.c. Ai Soci di
ITALIA NOSTRA
e,p.c. Alla stampa
locale
Oggetto: OSSERVAZIONI su PdL143 e 217 “Norme per
la riorganizzazione e LA razionalizzazione dei parchi regionali
Il sottoscritto Romeo
Scarpa, presidente della sezione di Treviso e delegato dal Consiglio
Regionale del Veneto di ITALIA NOSTRA, impossibilitato a presenziare
personalmente alle audizioni del 31-5-2018, invia le osservazioni
sotto riportate ai Progetti di Legge in oggetto con preghiera di
distribuzione a tutti i membri della Commissione ed ai Consiglieri
Regionali, in vista della discussione in aula.
Governance
Lo stato attuale delle governance dei Parchi Regionali Veneti è
certamente indifendibile
come struttura, perchè derivante da un'impostazione farraginosa e
fin troppo partecipativa, quasi ipertrofica, in evidente contrasto
con le piante organiche di alcuni parchi (escluso il Parco Colli
Euganei per motivi noti a tutti...).
Per esempio il Parco Regionale del fiume Sile, di cui ho fatto parte
nell'ultimo quinquennio come consigliere per il Comune di Trevivso,
aveva 40 consiglieri (tre per ogni Comune, cinque per la Provincia di
Treviso e uno rispettivamente per le Province di Padova e Venezia),
mentre la pianta organica è stata mediamente di 7 persone (ora 9)
con alcuni dipendenti con patologia invalidanti; in questo momento il
Direttore f.f. (che sarebbe in quiescenza, con abnegazione fuori
dall'ordinario, presta servizio (gratuitamente, credo e spero) per la
causa!!).
Normalmente nei Consigli degli Enti Parco sono stati nominati coloro
che non venivano eletti in Consiglio Comunale (i cosidetti
“trombati”) e la loro partecipazione (per tutti i partiti con
rare eccezioni) è sempre stato un puro atto di presenzialismo per
miseri gettoni di presenza, più che un incarico svolto con
convinzione. Coloro che avevano un mimino di interesse per l'ambiente
e buona volontà si sono spesso dimessi dopo poco tempo a seguito di
“baruffe chiozzotte”, che poco avevano a che fare con la
finalità prioritaria di un Parco, che RICORDIAMOLO
è “tutelare l'ambiente e la sua biodiversità”.
Nel migliore dei casi ci si è occupati solo di promozione turistica,
quando non si è utilizzato proprio l'Ente Parco per consentire
costruzioni ed interventi (con i vari Piani Casa) difficilmente
realizzabili anche fuori ambito tutelato.
Il Consiglio e soprattutto le Giunte Esecutive degli Enti Parco sono
stat usate per scopi ben poco nobili e credo che nessuno possa
difendere questo trentennio di gestione, che però ha nomi e cognomi
ben precisi; l'interesse si è focalizzato soprattutto su:
gestione dei finanziamenti diretti regionali (finchè ci sono stati
ed allora era ...”sagra”!) o finanziamenti europei per progetti,
a volte anche interessanti, ma declinati, per lo più, per
dispensare incarichi “a pioggia” o acquisire aree poi
abbandonate; sono decine i progetti redatti e non realizzati nel
solo Parco Sile, senza che mai nessuno ne abbiamo chiesto conto:
soldi sprecati!
gestione di un potere “spicciolo” per favorire progetti edilizi
di “amici degli amici” accettando di derogare anche
l'inderogabile, senza il minimo interesse per l'ambiente e con
un'interpretazione molto criticabile dei vari Piani Ambientali.
Se
leggete l'articolo 2 della Legge Regione 8/91, istitutiva del Parco
Sile, con un minimo di onestà intellettuale, dovete ammettere
che gli unici punti di interesse sono stati per i commi g) e h):
Le
finalità del Parco naturale regionale del fiume Sile sono le
seguenti:
la protezione del
suolo e del sottosuolo, della flora, della fauna, dell'acqua;
la protezione e la
valorizzazione del bacino idrografico nella sua funzione di risorsa
idropotabile;
la tutela, il
mantenimento, il restauro e la valorizzazione dell'ambiente
naturale, storico,architettonico e paesaggistico considerato nella
sua unitarietà, e il recupero delle partieventualmente alterate;
la
salvaguardia delle specifiche particolarità antropologiche,
geomorfologiche, vegetazionalie zoologiche;
e) la fruizione a
fini scientifici, culturali e didattici;
f) la promozione,
anche mediante la predisposizione di adeguati sostegni
tecnico-finanziari delle attività di manutenzione degli elementi
naturali e storici costituenti il Parco, nonché delle attività
economiche tradizionali, turistiche e di servizio compatibili con
l'esigenza primaria della tutela dell'ambiente naturale e storico;
g) lo
sviluppo socio-economico degli aggregati abitativi e delle attività
esistenti
entro
il perimetro del Parco, compatibilmente con le esigenze di tutela,
con particolare riferimento alle attività connesse all'agricoltura e
piscicoltura, che concorrono a determinare il paesaggio agricolo e
fluviale, creando migliori condizioni abitative e di vita per le
collettività locali;
h) la
promozione e la disciplina delle funzioni di servizio per il tempo
libero e di organizzazione dei flussi turistici.
Quello che un
“autorevole” esponente politico della maggioranza in Provincia di
Treviso dichiara essere la caratteristica “agro-industriale” dei
Parchi!
Se resta questa impostazione
“utilitaristica” di un Bene Comune come un Parco regionale c'è
ben poco da fare!
Questo
progetto di legge appare come la presa d'atto di un FALLIMENTO
GESTIONALE, dove si centralizza solo il controllo al vertice “per
non cambiare nulla”.
Oltrettutto all'interno della trentennale gestione degli enti parco
hanno brillato competenze che, più che essere utili all'ambiente,
erano pronte all'obbedienza verso i partiti politici di riferimento,
Non occorre specificare chi e come, ma è sufficiente ricordare il
caso del Parco dei Colli Euganei, che si ritrova una pianta organica
“esuberante” di forestali per effeto di assunzioni clientelari
del Presidente Galan, che pensiamo non sia sconosciuto alla
maggioranza die Consiglieri Regionali.
Per fare un altro esempio “clamoroso” (solo per noi, però...)
basta pensare che il Parco Regionale del Sile è un'area SIC-ZPS (che
frutta bei denari di finanziamento europeo), ma confina con un
aeroporto da 20 milioni di passeggeri l'anno. Mai ho visto
osservazioni ai vari Piani di Sviluppo di SAVE-AERTRE; anzi ho dovuto
assistere ad “autorizzazioni in deroga” per allontanare avifauna
e tagliare alberi proprio in zona SIC-ZPS proprio da parte di
Direttori del Parco, molto pronti (proni?) nei confronti di interessi
(anche vitali), ma non facenti capo alla loro funzione. Abbiamo
spiegato che il compiuto di un Direttore del Parco è applicare il
Piano Ambientale e non risolvere i problemi che possono risolvere
altri con ben maggiore autorità, come per esemio i Prefetti!
Nemmeno ricordiamo, in passato, osservazioni ai mega progetti di
darsene sul fiume Sile della (quasi) fallita Fondazione Cassamarca,
quando era il tempo delle vacche grasse dei dividendi Unicredit. Oggi
invece anche il “povero” Presidente De Poli galleggia in mezzo ai
debiti e non viene più di tanto considerato.
Questo trentennale comportamento che, si può definire “di
servizio”
è stato reso soprattutto verso chi deteneva il potere (morale,
politico o solo dei denari), mentre il Cittadino comune è sempre
stato vessato da norme arzigogolate, che mai nessuno si applicato a
modificare (tipo il colore degli oscuri o la forma di una finesttra
su case anni '70).
Siamo noi i primi a dire che in questo modo
un Parco Regionale NON può funzionare, ma siamo anche a ricordare
che non basta cambiare “sistema di governance” per migliorare.
Se si continuano a nominare persone che con i Parchi e con le aree
naturali non dovrebbero avere nulla a cha fare, e
potrei fare un lungo e dettagliato elenco, non ci sono
speranze!
In ogni caso conveniamo con la Giunta ed il Consiglio Regionale, che
non ha alcun senso perpetuare un sistema che in quasi 30 ha
sostanzialmente peggiorato tutti gli indicatori biologici e naturali
dell'area (fintamente) tutelata, creando al massimo delle piste
ciclabili, dove oggi litigano pedoni e ciclisti.
I Parchi Regionali sono odiati dai cittadini normali, dagli
agricoltori, dai pescatori (anche dai cacciatori che non dovrebbero
c'entrare nulla con un parco..) perchè sono fonte di vessazioni e
costi, spesso ingiustificati, che nessuno si è mai peritato di
spiegare a chi risiede o ha attività in un parco regionale.
Cambiate pure la “governance” dei parchi, tanto peggio di come
è stato, non si riuscirà a fare. Sappiate però che è un'occasione
perse e che l'Europa, prima o poi, si accorgerà che la nostra tutela
è solo formale.
Ci permettiamo di
rilevare che si è passati da una “governance assembleare” ad una
“governance della Giunta Regionale” a scapito della
rappresentanza delle Comunità Locali e di associazioni come la
nostra
Nel PdL il Presidente della GRV sceglie direttamente il Presidente
del Parco (tra i componenti del Consiglio direttivo), di cui la GRV
designa tre soggetti della Comunità del Parco (oltre ai sindaci nel
territorio); nel Consiglio Direttivo, formato da 5 componenti più
il Presidente del Parco, il Presidente della Giunta regionale
sceglie direttamente 3 soggetti!!
Era molto più lineare fare una legge
regionale che dicesse semplicemente:
“La Giunta Regionale nomina il Presidente del Parco e tre
persone del Consiglio Direttivo (5+1 persone); le Comunità Locali
eleggono 3 persone, (che non contano nulla).”
Non sarebbe stato molto “costituzionale”, ma certamente molto più
chiaro e lineare!
Competenza e professionalità
Tema, a parole sempre molto importante, ma declinato in modo molto
meno nobile nella pratica. Sarebbe utile fare una semplice
ricognizione delle professionalità dei trent'anni di gestione dei
parchi regionali veneti per vedere che quasi tutti i “mestieri”
sono stati Presidenti, Assessori e Direttori dei Parchi, salvo che
qualcuno con competenza specifica. Ricordo, per un breve periodo al
Parco Sile, il dott. Lonardoni del Parco della Lessinia, che aveva
una specifica compentenza; per il resto, meglio sorvolare
.
Rileviamo che anche in questo Progetto di Legge, si vuole
“facilitare” la nomina di persone con “adeguato” curriculum,
che
giuridicamente non significa nulla, ma lascia campo
libero a qualsiasi interpretazione e quindi scelta.
i 3 soggetti
designati dalla Giunta all’interno della Comunità del Parco
(l’art. 4 comma 1, della proposta legislativa recita infatti: “b)
tre soggetti designati dalla Giunta regionale in possesso di
adeguato curriculum ed esperienza in materia di conservazione e
valorizzazione del patrimonio naturale-rurale
nonché in materia gestionale – amministrativa.)
quel “nonché” potrebbe essere letto come alternativo.
idem per i 2
componenti che la Comunità del Parco indica per il Consiglio
Direttivo che, ai sensi del comma 5 lettera b) dell’art. 4 della
proposta legislativa devono essere “in possesso di adeguato
curriculum ed esperienza in materia gestionale–amministrativa
o
in materia di conservazione e valorizzazione del
patrimonio naturale-rurale, ( questo “o” fa sì che per il
consiglio direttivo del parco possa essere indicato un soggetto
privo di esperienza in materia di conservazione e valorizzazione del
patrimonio naturale, com'è stato per anni fino ad ora, per esempio,
nel Parco del Sile, che ben conosco.)
idem per il
Presidente del Parco ( art. 6 della proposta legislativa); ma qui
siamo a nomine politiche, che hanno visto professionalità le più
disparate...
la competenza del
Direttore (art.10 della proposta legislativa)dovrebbe essere
meglio caratterizzata. Ad esempio, pur trattandosi di parchi di
altra caratura, l’art. 2 della legge nazionale 394/1991, per
accedere al concorso ed essere iscritti all'Albo dei direttori dei
parchi nazionali richiede: a) diploma di laurea ai sensi
dell'ordinamento previgente al Decreto del Ministro dell'Università
e della Ricerca Scientifica e tecnologica 3/11/1999 n.509; b) laurea
specialistica, o magistrale, conseguita presso un'Università
Statale della Repubblica italiana o presso un'Università non
statale abilitata a rilasciare titoli accademici aventi valore
legale. E', altresì, richiesto il possesso di uno dei seguenti
requisiti:
a)
essere dirigente di ruolo appartenente alle amministrazioni pubbliche
di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs 30/3/2001 n.165, con
specifica esperienza maturata in materia di tutela delle aree
protette e della biodiversità per un periodo non inferiore a sei
anni;
b)
essere dipendente di ruolo di una pubblica amministrazione di cui
all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs 30/3/2001 n.165, avendo ricoperto
per almeno sette anni incarichi di servizio correlati a materie
legate alla tutela delle aree protette e della biodiversità o, se in
possesso del dottorato di ricerca o del diploma di specializzazione
conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il
Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, aver
maturato almeno quattro anni di servizio in materia ambientale,
svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto
il possesso del dottorato di ricerca o del diploma di laurea. Il
periodo utile per i dipendenti delle amministrazioni statali
reclutati a seguito di corso-concorso che abbiano acquisito
esperienze in materie di tutela delle aree protette e della
biodiversità è di cinque anni;
c)
essere in possesso di una particolare specializzazione professionale,
culturale e scientifica in materia di tutela dell'ambiente e della
biodiversità, desumibile dalla formazione universitaria e
post-universitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete
esperienze di lavoro maturate, nelle medesime materie e per almeno
sei anni, anche presso amministrazioni statali, in posizioni
funzionali previste per l'accesso alla dirigenza.
Nella
sostanza si richiede che il Consiglio Regionale dia prova di un
minimo di sensibilità rispetto alle competenze, perchè se,
politicamente è una scelta, scegliere chi meglio si crede essere
utile alla causa, è ESSENZIALE E NECESSARIO che questi soggetti
“fiduciari” diano delle garanzie minime di competenza.
Relativamente al COMITATO TECNICO SCIENTIFICO (art. 9 della
proposta legislativa)è composto da 9 componenti “di cui uno
con professionalità giuridica o economica, e gli altri scelti tra
esperti nelle seguenti discipline: botanica, zoologia, scienze
agronomiche-forestali, zootecnia, geologia, scienze ambientali,
storia, etnografia”), si ritiene che, ai fini del contenimento
dei costi e di una migliore gestione delle competenza, sarebbe
preferibile un Comitato Tecnico Scientifico a servizio di tutti i
Parchi Regionali e non singoli Comitati Tecnico Scientifici con
minori competenze ed autorevolezza.
Restiamo sempre perplessi sul fatto che un Comitato Tecnico
Scientifico di Parchi Regionali, debba avvalersi di professionalità
giuridiche ed economiche, visto che allo scopo meglio sarebbe avere
consulenza dall'Avvocatura Regionale o avere un vero e proprio
Dirigente Amministrativo.
Se parliamo di ambiente in senso “tecnico e scientifico”, appare
superflua la presenza di consulenti giuristi ed amministrativi, salvo
che non si pensi solo al fatto che sono da gestire appalti o beghe
come quella con le peschiere di Quinto di Treviso...
Conclusioni
Più in generale la proposta legislativa in
discussione perde l’occasione, diremmo doverosa dopo 30
anni dall'istituzione dei parchi,
di dettare una nuova disciplina regionale sulle aree protette,
atteso che la vigente LR 40/1984 non è mai stata adeguata né alla
L. 394/1991 né alle altra normative europee.
Questo sarà da noi segnalato all'Europa che continua a dare
finanziamenti per queste aree con queste gravi deficienze normative.
Qui di seguito riportiamo parte della relazione del PDL 217 (il Pdl
dell’opposizione sui parchi):
“Il 21 giugno 2011 il Consiglio europeo dei ministri
dell’ambiente dei 27 paesi Ue ha approvato la nuova Strategia
europea per la conservazione della biodiversità per il prossimo
decennio. La strategia adottata prevede sei obiettivi prioritari e
azioni d’accompagnamento per ridurre in modo sostanziale le minacce
che incombono sulla biodiversità. Tra le azioni si
prevedono: piena attuazione della normativa europea vigente
in materia di protezione della natura e della rete di aree naturali
protette (Natura 2000), per migliorare lo stato di
conservazione di habitat e specie; migliorare e ripristinare gli
ecosistemi ed i servizi ecosistemici laddove possibile, in
particolare aumentando l’uso delle infrastrutture verdi; garantire
la sostenibilità delle attività agricole e forestali; salvaguardare
e proteggere gli stock ittici dell’Ue; contenere le specie
invasive, sempre più spesso causa della perdita di biodiversità
nell’Ue; aumentare il contributo dell’Ue all’azione concertata
internazionale per scongiurare la perdita di biodiversità.
L’Italia ha dal 7 ottobre 2010 la sua Strategia
nazionale per la Biodiversità, nata dopo un ampio
confronto tra Associazioni scientifiche, ambientaliste e le diverse
categorie economiche. La Strategia nazionale prevede tre obiettivi
fra loro complementari, che derivano da una attenta
valutazione tecnico-scientifica. Gli obiettivi
strategici mirano a garantire la permanenza dei servizi ecosistemici
necessari alla vita, ad affrontare i cambiamenti ambientali ed
economici in atto, ad ottimizzare la sinergia fra le politiche di
settore e la protezione ambientale.
Le aree naturali protette sono uno degli
strumenti fondamentali per le strategie di conservazione della
biodiversità e dei servizi degli ecosistemi. Esse
costituiscono un insostituibile laboratorio per la conservazione e
l’aumento della biodiversità, al quale va unita una serie di
servizi integrativi, attraverso lo sviluppo di attività sostenibili
dal punto di vista ambientale, economico e sociale. L’efficacia
delle aree protette è infatti collegata all’apporto che esse
ricevono dalle comunità locali che vivono al loro interno, nonché
al consenso di altri portatori di interesse a tutti i livelli
(locali, nazionali, regionali, globali).
A distanza di 20 anni dall’entrata in vigore della legge quadro
sulle aree protette (legge 394/1991), la situazione in Italia è
profondamente migliorata ad iniziare dal semplice dato numerico:
negli ultimi anni l’Italia è stato il Paese europeo che ha
istituito il maggior numero di aree protette, in parte colmando i
ritardi accumulati prima della legge del 1991.
È la stessa Strategia ad indicare i problemi che devono essere
affrontati per una migliore e più efficiente gestione delle aree
protette: la carenza di un approccio
strategico, sistemico e sinergico nella gestione delle aree protette;
la mancanza e la non omogenea disponibilità delle conoscenze
naturalistiche e socioeconomiche da utilizzare
quali punti di riferimento per le scelte operative gestionali; la
percezione
inadeguata delle opportunità di sviluppo economico e sociale offerte
dalle aree protette e il diffuso atteggiamento teso
a evidenziarne solo gli obblighi e i divieti; la lentezza
nell’approvazione degli strumenti di pianificazione e di sviluppo
socio economico; i ritardi nell’istituzione e nell’avvio
della gestione del sistema delle aree protette; la
mancanza di moduli condivisi di verifica ambientale ed economica
dell’efficacia e dell'efficienza di gestione delle singole aree
protette; L’INSUFFICIENTE
FORMAZIONE DEL PERSONALE delle aree protette; LA
CARENZA DI FIGURE PROFESSIONALI CON SPICCATO PROFILO CURRICULARE DI
SETTORE negli enti di gestione, con inevitabili
ripercussioni sul raggiungimento di adeguati obiettivi di
conservazione e di sviluppo sostenibile; la scarsità di
finanziamenti sia a livello statale che regionale e l’utilizzo non
sempre coerente ed efficace dei fondi disponibili in riferimento agli
obiettivi di conservazione discendenti dalla normativa. “
Tali affermazioni sono perfettamente condivisibili e sfidiamo tutti i
Consiglieri a confutarle in sede di dibattito, affermando che la
questione non è PRIORITARIA E STRATEGICA.
Per tutti questi motivi, una VERA Legge
Regionale sui Parchi era URGENTE. Il Progetto di Legge apporvato in
Commissione non lo è...
Teniamo presente anche che anche altre leggi regionali si occupano di
ambiente, purtroppo solo negli articolati delle definizioni e dei
nobili obiettivi e non nella parte derogatoria ed applicativa.
La nuova legge sul contenimento del consumo del suolo (L.R.. 14/2017)
che all’art.1 recita:
“ 1. Il suolo, risorsa limitata e non rinnovabile, è
bene comune di fondamentale importanza per la qualità
della vita delle generazioni attuali e future, per la salvaguardia
della salute, per l’equilibrio ambientale e per la tutela
degli ecosistemi naturali, nonché per la produzione
agricola finalizzata non solo all’alimentazione ma anche ad una
insostituibile funzione di salvaguardia del territorio.
2. Il
presente Capo detta norme per il contenimento del consumo di suolo
assumendo quali princìpi informatori: la programmazione dell’uso
del suolo e la riduzione progressiva e controllata della sua
copertura artificiale, la tutela del paesaggio, delle reti
ecologiche, delle superfici agricole e forestali e delle
loro produzioni, la promozione della biodiversità coltivata, la
rinaturalizzazione di suolo impropriamente occupato”.
Di tutto queste belle parole, non c'è NULLA nel Progetto di
Legge sui Parchi Regionali approvato in Commissione!
I posteri faranno fatica a capire una simile “disattenzione”,
funzionale a mettere gli uomini giusti ai posti giusti per continuare
a gestire potere e finanziamenti, senza troppo curarsi degli esiti
dei progetti.
Non stiamo nemmeno a sottolineare il “nuovo centralismo regionale”
che, dimentico delle istanza federaliste e di valorizzazione delle
Comunità Locali, riporta al “centro” il potere.
Potete fare molto meglio con solo un po' di
applicazione, sempre che lo vogliate.
Distinti saluti.
Treviso, 5 giugno 2018
p.ITALIA NOSTRA
VENETO
Romeo
Scarpa