Sono ben conscio che la provocazione, da me lanciata su Villa Emo e raccolta dalla stampa per arrivare fino ai notiziari nazionali, ha fatto sobbalzare più di qualcuno dell'associazione sia a livello locale che regionale che nazionale, ma evidentemente pochi hanno letto tutto quello che è scritto sul blog ed ancora meno persone hanno tentato di capire il ragionamento che ho tentato di avviare.
Forse la provocazione era eccessiva, e, sinceramente, comprendo il sobbalzo sulla sedia, ma non lo “scandalo”, se uno tenta cerca almeno di intuire il senso del mio ragionamento, salvo che... io non abbia toccato nervi scoperti.
Probabilmente il mio ragionamento non è così chiaro, ma nelle varie dichiarazioni che ho rilasciato, ho tentato di spiegare che
mi interessava portare in evidenza il contrasto tra i centri commerciali che assediano il nostro territorio e le difficoltà di mantenimento di quei beni culturali, che sono le ville venete, di cui villa Emo è il simbolo.
Un altro obiettivo, non secondario, era di portare nel campo della politica e della società la contraddizione tra la svendita di un simbolo (villa Emo) ed i forsennati ed ingiustificati investimenti che si fanno nella grande distribuzione nelle periferie delle nostre città con l'effetto di degradare il paesaggio e svuotare i centri storici.
Certamente non mi sarò spiegato bene...
Certamente potevo fare una provocazione meno provocatoria, ma le mie dichiarazioni non passano al vaglio di uno staff di professori in comunicazione e sono certo che in passato ho fatto affermazioni anche più clamorose, naufragate nel mare magnum del web.
Mi pare di essere quello che mostra la luna e molti, soprattutto nella nostra associazione, hanno guardato non il dito, ma le loro precedenti battaglie e si sono sentiti, implicitamente criticati. Coda di paglia?
Il problema, a mio giudizio, deriva soprattutto di ITALIA NOSTTRA per l'intervento a Rialto sul Fontego dei Tedeschi ed, in parte, anche per l'intervento sull'ex Cinema Italia a Cannaregio.
Senza entrare nel merito specifico dei due interventi edilizi, vorrei solo ricordare com'erano “tutelati” questi due edifici quando erano rispettivamente la sede delle Poste ed un'aula universitaria di Ca' Foscari: uno squallore unico ed un utilizzo che dire, inadeguato ed incompatibile, è dir poco.
E' questa la tutela che vogliamo difendere?
In ogni caso il paragone tra Venezia e Villa Emo è stato suggerito dalla stampa e da me solo accettato perchè dava un'idea pratica compromesso tra tutela e utilizzo attuale di un bene culturale, che, se relagato a diventare museo di se stesso, può solo degradare inesorabilmente.
Non ho mai detto che è l'evoluzione normale e naturale, né la migliore, ma che è un'evoluzione possibile e soprattuto è una eventualità che il mercato (che è necessario osservare e non solo demonizzare) sempre più spesso decide di attuare. Come ci poniamo di fronte a questa possibilità? Neghiamo il commercio nei fonteghi che erano storicamente la sede del commercio??
Preferiamo resort e alberghi per lusso? O vogliamo che tutti questi spazi, anche a Piavon di Oderzo, diventino centri congressi per meeting che non ci saranno mai?
Il tema, che mi spinge a rassegnare le dimissioni da presidente della sezione di Treviso, non è nemmeno la stroncatura del Consiglio Nazionale e Regionale perchè la carica che ricopro mi è stata attribuiti dai soci di Treviso ed a loro rendo conto con questa mia.
Per i profani dell'associazionismo, ricordo che la mia carica di “presidente” è un incarico volontario non retribuito che uno svolge per passione sostenuto dagli amici che con lui costituiscono la sezione. Non c'è nemmeno un grande potere di gestire perchè di solito le tue opinioni contrastano con le politiche di destra, centro ed anche sinistra, se mai questa differenza esiste.
Il mio obiettivo era di innescare un dibattito culturale, interno ed esterno all'associazione, per capire i motivi della scarsa efficacia delle nostre posizioni di fronte all'aggressività del mercato che ha coperto il Veneto prima di capannoni (grazie Tremonti), poi di strade (grazie Galan) e poi di centri commerciali (grazie Zaia).
Purtroppo le attuali modalità di comunicazione non consentono di mediare i tuoi interventi e puoi solo accettare di “stare al gioco” (spesso al massacro) oppure restare in una quieta mediatas che non dia troppo fastidio a nessuno.
Il ruolo delle associazioni come ITALIA NOSTRA dovrebbe essere quello di promuovere una crescita culturale della società nei confronti della tutela come previsto dall'articolo 9 della Costituzione.
L'esito di 30 anni di storia recente, che ricordo io, dimostra che il nostro, pur enorme lavoro, non serve se non facciamo pulizia e chiarezza, aggiornando i concetti di tutela, anche tra di noi.
Siamo pochi e sempre più anziani e non riusciamo nemmeno più ad avere un linguaggio comune perchè travolti da una destrutturazione sociale e culturale.
Solo rovesciando il tavolo e mettendo in discussione anche le nostre posizioni storiche (magari per poi confermarle in toto, ma con piena convinzione) possiamo affrontare con nuova energia il futuro.
Altrimenti... altrimenti diventeremo sempre più “enti di servizio” per ottenere accesso agli atti o per letture tecniche di approfondimento di temi per questo o quel comitato, senza riuscire a dare un respiro ampio alle battaglie singole.
La tutela che si richiama ai sacri principi e non si confronta con i problemi attuali e reali è, per me, una tutela di facciata, che danno una testimonianza, anche importante, ma servono anche ad acquietare la nostra coscienza più che ad incidere sulla realtà di degrado paesaggistico che ci circonda, complice un livello del dibattito politico che non è mai stato così basso.
Non mi sento esente da colpe, ma credo che ITALIA NOSTRA dovrebbe riflettere seriamente, oltre che sulla gestione amministrativa centrale di cui per pudore ometto di parlare, anche del fatto che l'associazione è “arroccata” su posizioni che sono destinate a soccombere, se non diventerà prioritario il messaggio culturale per cui la tutela della nostra storia e dei nostri beni culturali è un valore culturale ed economico, che deve essere sottoposto a valutazioni serie, competenti, trasparenti e non pregiudiziali.
Penso che sia tempo di scendere anche noi, associazioni ambientaliste storiche, dal piedistallo dei “censori che hanno sempre ragione” per cercare tra gli imprenditori, i cavatori, i costruttori, insomma tra i cittadini, persone che, con visioni diverse, possano cercare di trovare una sintesi progettuale e programatica che contrasti l'involuzione, che appare inarrestable.
Il Presidente Nazionale e quello Regionale sentono la necessità di replicare alla mia provocazione dichiarando che “non si faranno mai negozi a Villa Emo” e reclamano l'intervento diretto dello Stato, in un periodo di recessione,
dove il MIBAC è a pezzi e le Soprintendenze stanno per essere regionalizzate.
La “tutela totale” porterà all'isolamento della Soprintendenza (che già Renzi ha esplicitato e Salvini porterà a compimento) ed ha dato frutti avvelenati per cui oggi, nel caos normativo infarcito di deroghe e contro deroghe, ognuno pensa di avere ragione.
Io, umilmente, chiedevo di iniziare a discutere per trovare delle ipotesi di soluzioni che riportassero le ville storiche nella loro centralità paesaggistica, limitando o eliminando i mall commerciali che disseccano il commercio dei centri storici e deturpano il paesaggio. Meglio una nuova idea di “centro commerciale” in un complesso storico che gli alienanti mostri di capannoni e neon tipo l'ooutlet di Noventa.
Se alcuni pensano che sia suffciente un comunicato in cui si chiede allo Stato di esercitare la prelazione oppure si crede che l'affermazione “mai negozi in questi luoghi” abbia poteri taumaturgici, ritengo che stiamo sempre guardando il dito (e non dico quale) e che sia uan “tutela di facciata”.
Credo che questa facciata, cioè quella di ITALIA NOSTRA, abbia necessità di un radicale intervento di restauro perchè, oltre ai problemi amministrativi, c'è un problema di efficacia dell'azione dell'associazione che andrebbe analizzato.
Sono stanco dei convegni o dei libri che parlano di sprawl urbano o di disastro veneto come se questo fosse accaduto per opera dello Spirito (Non) Santo.
Qui siamo alla deriva, come i migranti sui barconi senza nessuna Seawatch che possa salvarci.
Villa EMO, opera di Palladio e non di un geometra di paese, “vale” 15 milioni di euro cioè come 500 metri di Superstrada Pedemontana (che passa poco più anord): questo è il metro con cui misurare il degrado in cui è caduto il Veneto, che valuta i suio simboli in metri di superstrada.
E troviamo il tempo di guardare il dito della mia boutade sul CCVE (Centro Commerciale Villa Emo)??
Dai, cerchiamo di essere seri e di scendere dalle torri d'avorio.
Io intanto rassegno le dimissioni irrevocabili da presidente della sezione di Treviso e credo che farà bene anche agli amici della sezione, di cui resto semplice socio.
f.to Romeo Scarpa