Narra, una favola della prima Repubblica, che un giorno un primo ministro di nome Bettino Craxi, invitò gli italiani ad andare al mare per evitare il voto ad un referendum popolare. La stessa storia racconta che quell’invito non gli portò fortuna e quanto al suo destino di uomo di potere, poco lungimirante, arrogante e poco rispettoso dei diritto dei cittadini ad esprimersi democraticamente con il voto, tutti sappiamo com’è andata a finire.
Ora, un paio di decenni dopo, sul trono di primo ministro c’è un suo emulo. L’attuale primo ministro (cui nessuno probabilmente ha mai raccontato quella favola), sta infatti commettendo lo stesso errore di supponenza e di arroganza.
Noi però non andremo al mare il 17 aprile, per molte ragioni, che forse lui non comprende. Prima fra tutte il fatto che, quando andiamo al mare, noi vogliamo trovarlo pulito, trasparente e senza chiazze di catrame sulle spiagge.
Ma ci sono altre, importanti e ineludibili ragioni per cui, noi, andremo a votare e voteremo SI. Ragioni di cui si parla poco o per niente e a cui soltanto qualcuno, tra i più consapevoli, accenna di sfuggita. Tra le tante, ad esempio, quella della subsidenza dei fondali adriatici. Perché sarebbe ora che qualcuno prendesse atto che, estraendo fluidi dalle profondità interstiziali del sedimento, questo finisce per compattarsi e per sprofondare, lentamente e inesorabilmente.
Ora, quando si parla di subsidenza, guarda caso viene in mente Venezia: questa sorta di improbabile miracolo urbano, realizzato a pelo d’acqua e sempre in procinto d’affogare e di trascinare a fondo l’economia di un turismo che pur se gestito malissimo, rappresenta assai più dei presunti vantaggi economici derivanti dagli idrocarburi adriatici. Un’economia per la cui salvezza la Nazione sta svenandosi economicamente con una “grande opera” tipo MOSE, che a questo punto, con la famigerata subsidenza, perderebbe anche l’effimera credibilità che ancora conserva.
Po c’è il discorso trito e ritrito, ma pur sempre attualissimo, dei combustibili fossili. Non sarebbe infatti ora di finirla con la storiella che estraendo dai fondali adriatici risolviamo il deficit energetico nazionale? Se ha rinunciato anche la Croazia, che non naviga certamente nell’oro, una ragione ci sarà pure. Anche perché ormai, dati matematici e inoppugnabili alla mano, alla soluzione dei nostri problemi energetici mediante queste scelte non ci credono più neppure i bambini. Sappiamo tutti benissimo che ciò che si estrae, o meglio che si estrarrebbe se i pozzi venissero svuotati (cosa che vogliamo impedire) e dunque il combustibile ottenuto, farebbe funzionare l’Italia al massimo per qualche mese. E basta anche con la storia dei posti di lavoro a rischio, perché ce ne sono altri, a milioni, da creare con le energie pulite e rinnovabili. A partire e tanto per fare un esempio banale, dalla auto elettriche, non a caso boicottate per mezzo secolo dalle grandi compagnie automobilistiche e dai petrolieri.
Noi andremo a votare SI perché è ora che la gente difenda i propri diritti: ad un ambiente sano, alla salute e a posti di lavoro legati a quel “commercio compatibile della Bellezza” che da troppo tempo si stenta a far decollare, in un paese che letteralmente ne trabocca.
Un’ultima cosa però: non credano costoro, governo e petrolieri, gruppi finanziari e multinazionali, banchieri e faccendieri, che dopo aver fermato le estrazioni in Adriatico piegheremo sistematicamente il capo davanti alle scellerate scelte delle pale eoliche ovunque, o delle centraline devastanti su ogni torrente di montagna; magari realizzate con tanto di partecipazione mafiosa.
Noi non lo faremo e il nostro impegno per un 17 aprile memorabile ne è una riprova inconfutabile.
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