Ciò
che sta accadendo a Jesolo, con il taglio di alberi di pino domestico
(Pinus pinea)
lungo via Pindemonte e la loro sostituzione con “alberi giusti”,
conferma, ancora una volta, la superficialità delle pubbliche
amministrazioni nell’approccio a questi problemi.
Una
superficialità che, proprio per essere tale, non tiene minimamente
conto della sensibilità dei cittadini, o meglio della stragrande
maggioranza dei cittadini, cedendo invece alle soluzioni sbrigative e
tecnicamente meno onerose.
Ancora
una volta, dunque, è accaduto l’evitabile e si è dato corso ad un
intervento fortemente impattante, sollevando le proteste della
cittadinanza e provocando prese di posizione molteplici, oltre che
richieste a desistere, come appunto la presente.
Va
detto, in proposito che negare il problema, ossia il conflitto tra le
alberature di pino domestico (erroneamente, da tutti chiamato “pino
marittimo”) e la sede viaria, non sarebbe onesto e noi, invece,
desideriamo esserlo.
Va
anche detto, però, che annullare in un paio di giorni un
investimento in paesaggio urbano e in qualità dell’ambiente,
durato oltre mezzo secolo, non rappresenta la soluzione. Citiamo per
tutti l’esempio della via Fausta, a Cavallino-Treporti, dove gli
alberi di pino domestico hanno circa un secolo, ma la loro presenza
non interferisce con la pista ciclabile e la sede stradale, se non in
misura decisamente trascurabile.
Ebbene
questo dovrebbe essere valutato opportunamente, prima di procedere
con l’abbattimento: si dovrebbero cioè interpellare i tecnici e
gli amministratori responsabili e chiedere semplicemente loro:
“Scusate, signori, ma come avete fatto?”.
Si
potrebbe così scoprire che le soluzioni, appunto, esistono, perché
il bellissimi pini della via Fausta sono una realtà viva e un
patrimonio di paesaggio, d’immagine e molto altro.
Questa
è la ragione che ci induce ad appoggiare la richiesta del comitato
cittadini costituitosi allo scopo. Perché i pini di via Pindemonte
non saranno l’Amazzonia di Jesolo e neppure una riserva naturale
della Biosfera, ma sono comunque patrimonio comune e come tali
appartengono all’identità di un luogo: lo stesso di cui, i
cittadini che li difendono, desiderano conservare la qualità.
Si
faccia dunque uno sforzo di buona volontà e si sentano i tecnici
competenti. Perché la soluzione esiste e anche se sarà più
laboriosa e magari più onerosa, consentirà di salvare un piccolo,
ma importante giacimento comune d’ambiente.
Il
presidente
Michele
Zanetti
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