"Ogni cosa era piu' sua che di ogni altro perchè la terra, l'aria, l'acqua non hanno padroni ma sono di tutti gli uomini, o meglio di chi sa farsi terra, aria, acqua e sentirsi parte di tutto il creato." (Mario Rigoni Stern)

giovedì 23 agosto 2012

CONTRIBUTO PAT n.12 - Berto per il SILE



TREVISO Citta d’acqua.
L’attributo dato usualmente alla città è, e rimane, soltanto una constatazione: è necessario che diventi una affermazione cioè che esprima la volontà di continuare ad essere una città che ricorda che la sua collocazione sul territorio è indissolubilmente legata alla confluenza traSile e Botteniga-Cagnan, che il due fiumi le hanno dato ragion d’essere e di svilupparsi e che ora, quando ci si accorge che terra, acqua, aria non solo elementi infiniti, si deve provvedere alla loro salvaguardia.
Per quanto riguarda l’acqua i momenti critici sono:
  • La progressiva diminuzione delle portate del Sile e dei suoi affluenti
  • L’inquinamento
  • I depositi provocati dagli sbarramenti realizzati per la produzione di energia elettrica
  • La perdita di navigabilità
  • La perdita di naturalità
Innanzitutto è necessario ricordare cosa è il sistema Sile-affluenti: un insieme di affioramenti del corpo idrico sotterraneo unico in Europa, e forse nel mondo, per grandezza e qualità, che interessa una parte importante della pianura veneta; la valenza di questo sistema è stata riconosciuta, parzialmente, con l’istituzione nel 1991 del Parco Regionale naturale del fiume Sile.
Perché “parzialmente”? Perché la Regione ha deciso che la tutela fosse limitata soltanto al corso del fiume principale dimenticando i suoi affluenti e la funzione che essi hanno svolto e continuano ad avere non solo come apporto idrico ma come sistema di organizzazione del territorio.
Ma non basta: l’istituzione del Parco non è stata accompagnata da una precisa volontà di costruire un organismo di gestione capace effettivamente di esercitare salvaguardia, nemmeno sul Sile.
La Regione ha di fatto demandato ai Comuni e alle Province ogni responsabilità di gestione rinunciando anche ai banali, ma dovuti, controlli amministrativi; Comuni e Province si sono limitati ad eleggere rappresentanti nel Consiglio dell’Ente Parco subendo passivamente l’attività (o l’inerzia?) dello stesso e mai pensando ad utilizzare le volontà espresse nella Legge istitutiva per risolvere problemi locali.
Non esiste atto che ricordi discussioni e/o dibattiti di Consigli Comunali o Provinciali sui temi generali del Piano ambientale e delle sue varianti,
Tuttavia il Piano Ambientale contiene indicazioni precise per quanto che possono riguardare anche la città di Treviso: tra gli elaborati che costituiscono le Norme di Attuazione sono previsti una serie di Programmi di Intervento (Art.1-comma e) ALL. E- programmi 1,2,4,5,28,30) che affrontano tematiche fondamentali per l’intero territorio Comunale.
In questo quadro si ritiene che il Comune di Treviso debba affrontare il problema dell’intero sistema delle acque superficiali studiando forme di tutela che potrebbero in seguito essere adottate dall’Ente Parco o dagli altri Comuni interessati e che potrebbero preludere al riconoscimento della necessità di ampliare il perimetro attuale del Parco istituendo una zona di Pre-Parco finalizzata alla conservazione e al miglioramento della qualità dell’acqua (elemento specifico della Legge istitutiva: Art. 2-comma b):”la protezione e la valorizzazione del bacino idrografico nella
sua funzione di risorsa idropotabile”)
In questo ambito è possibile affrontare e risolvere il problema delle fognature non solo del Centro Storico: tenendo conto della specificità descritta all’inizio potrà essere redatto un progetto serio capace di attingere fondi presso la Comunità Europea.
I recenti dati sui problemi derivanti dagli sbarramenti idroelettrici pongono con forza un problema di gestione del patrimonio idrico: ricordando le norme contenute negli Statuti Comunale trecenteschi (A.Marchesan: “Treviso Medievale” Tomo I° pag.288 e segg) si ritiene possibile che il Comune stabilisca un divieto assoluto di riversare a valle quanto si ferma nelle griglie delle centrali idroelettriche di Ponte S:Martino e della Gobba: E’ probabile che questo divieto sia già contenuto negli obblighi contenuti nelle concessioni in atto ma non è stato rispettato come non è stata rispettata la necessaria pulizia dei fondali.
Accanto alla pulizia devono pure essere eliminati gli ostacoli artificiali allo scorrimento delle acque come, ad esempio, il “collo di bottiglia” del Canale delle Convertite esistente in corrispondenza della confluenza dello stesso nel Sile accanto al Bastione di S,Sofia.
Sono evidenti le carenze presenti al punto 3.2.3.1 del “Rapporto ambientale preliminare e gli obiettivi posti nel citato “Piano di Gestione dei bacini idrografici delle Alpi Orientali”.

La tutela dei corpi idrici superficiali minori
Non si ritiene esagerato affermare che essi ricevono le acque reflue di almeno il50% della popolazione trevigiana. E’ unque necessario intervenire, rapidamente e ove possibile, per diminuire questa quantità anche con piccoli impianti di depurazione e con una programmata svuotatura dei pozzi neri e Imhoff ora esistenti in attesa dell’ampliamento/completamento della rete fognaria.
Ma è pure necessario mantenere in vita, anche con opere urgenti di manutenzione e soprattutto di aspirazione dei depositi, quelli ancora esistenti per non incorrere nella loro progressiva scomparsa.
Bisogna ricordare che la mancanza di considerazione e di tutela ha consentito recentemente l’interramento di una sorgente in Via Paludetti ed il posizionamento del complesso ISRAA di Via S:Bona nuova nella parte inferiore del lotto disponibile, in parte sopra una risorgiva già interrata.
L’eliminazione del salto d’acqua del vecchio mulino presso il Convento delle Visititandine in Via S.Pelajo sta provocando la scomparsa dell’area umida a monte: il suo rifacimento ne permetterebbe ,a poco prezzo, la salvaguardia
E’ altrettanto importante estendere la tutela nelle aree immediatamente a monte delle risorgive al fine di evitare interruzioni della falda sotterranea (le interruzioni, ad esempio, che hanno provocato a Lancenigo il prosciugamento della sorgente della Limbraga) si chiede pertanto che sia proibita con precisa norma e con individuazione cartografica la realizzazione di vani sotterranei nelle aree in cui la prima falda sotterranea corra a meno di 3 metri dalla superficie del terreno. La precisa individuazione di queste aree è desumibile dalla planimetria in scala 1:12.500 realizzata dallo Zanniol nel 1925 ma anche dall’indagine specifica eseguita in preparazione del P.R.G. 2001 oppure da quella (georeferenziata) riportata negli allegati al PTPC vigente.
Infine è necessario riparare al mancato inserimento del fiume Cerca di Monigo tra i corsi d’acqua sottoposti a tutela ai sensi della L: 431/1985 come recepita dal DLgs n.42/2004: esso nasce dal fontanile (denominato Fontanelle) sito invia 55° Reggimento Artiglieria e sfocia nel Sile immediatamente a Sud della stazione abbandonata di SS.Quaranta, dopo aver sottopassato la ferrovia.

Il paesaggio fluviale
A monte e a valle di Treviso il Sile mantiene pur con caratteristiche diverse notevoli caratteristiche di naturalità pur avendo subito, nella prima metà del ‘900, pesanti modifiche al suo alveo in seguito a vaste operazioni di bonifica nella parte superiore e di escavo per estrazione di ghiaia nella parte inferiore: la serie storica IGM le documenta con precisione. (qualora richiesto si è in grado di fornirne copia):
Questa “naturalità”si mantiene, a monte, anche nel territorio del Comune di Treviso fino alla grande ansa posta in corrispondenza del suo avvicinamento alla cinta muraria con l’unica, pesantissima eccezione costituita dall0aeroporto (ex militare) A.Canova (questo tema sarà trattato in altro apposito contributo),ma scompare nel tratto urbano e, per la riva sinistra, anche a valle della città:
In epoca moderna o contemporanea il Sile ha subito alcune pesanti modifiche che devono essere puntualmente descritte:
1)-nell’ultimo decennio del 1800 il ricalibramento del canale Piavesella ed il suo sfocio nella Botteniga ha quasi triplicato la portata della stessa tanto che si è dovuto scaricare l’eccesso ampliando il fossato attorno alle Mura dal ponte di Pria fino al Bastione di S.Sofia. La Piavesella deriva acqua direttamente dal Piave e trasporta, in occasione delle piene, anche morbide, dello stesso, grandi quantità di limi che si depositano nell’alveo del Sile: il punto migliore per l’osservazione del fenomeno è il Ponte Dante da cui è facile vedere il diverso “colore” delle acque che si stanno mescolando.
La realizzazione di un bacino di decantazione per le acque della Piavesella potrebbe risolvere il problema: ovviamente la localizzazione (potrebbe essere una delle numerose cave di ghiaia esistenti a nord dei confini comunali) non è di competenza del Comune di Treviso ma si ritiene opportuno che il PAT indichi alle istituzioni di livello superiore sia il problema che l’indicazione do soluzione.

2)-nel corso urbano del fiume esiste un primo sbarramento, di origine antica, forse millenaria, in corrispondenza del Ponte di S.Martino, che è anche funzionale rispetto alla derivazione che alimento il fossato a sud della città: L’attuale funzione di produzione di energia elettrica non altera il regime delle acque: il fiume ha avuto modo, nel tempo, di consolidare questa condizione anche dal punto di vista paesaggistico. Si ritiene comunque utile e/o necessario:
a)- Una verifica della riva sinistr in corrispondenza del quartiere di S.Nicolò poichè esistono voci di scarico di macerie nell’alveo avvenute nel secondo dopoguerra
b)- il divieto di scarico a valle del materiale che si deposita sulla griglie della centrale idroelettrica.

3)- un secondo sbarramento destinato alla produzione di energia elettrica è stato costruito attorno al 1950 immediatamente a monte del ponte ferroviario denominato “della Gobba”: il livello dell’acqua è stato aumentato ( ora è eguale al livello del fiume in corrispondenza della confluenza del Cagnan dell’Ospedale) ed ovviamente è diminuita la velocità dell’acqua. Ne è conseguito un enorme deposito di limo recentemente denunciato in due articoli pubblicati recentemente apparsi su “La Tribuna di Treviso” (10 e 15 agosto). Il fenomeno era peraltro noto da notizie date dai “sub” trevigiani ed era evidente data la mancanza di turbolenza dell’acqua in corrispondenza delle due briglie sottoacquee esistenti: la prima posta davanti all’ex Ospedale di S.Maria dei Battuti e la seconda immediatamente a valle di Ponte Garibaldi.
Questo sbarramento ha stravolto il rapporto fisico e visivo tra città e fiume tramutando un corso d’acqua veloce in uno specchio d’acqua simile ad un lago. Il conseguente deposito di limo (o fango?) comporta presenta di inquinamenti (anche per la nota inesistenza di fognature).
Si rende necessario uno studio approfondito teso a verificare gli effetti della permanenza di questo sbarramento (purtroppo anche per quanto riguarda la staticità degli edifici attigui) ed il contributo che esso comporta all’inquinamento del corso d’acqua posto che la sua eliminazione sarebbe sicuramente opportuna dal punto divista paesaggistico in quanto capace di ripristinare l’originario rapporto tra acqua e città.
Forse sarebbe sufficiente una semplice analisi costi-benefici: i costi rappresentati dalla eliminazione periodica, quinquennale, dei depositi limosi, gli utili dalla produzione di energia elettrica: ovviamente i costi non devono essere pubblici ma attribuiti a chi gode dei benefici.
Riportare il fiume allo stato originario significa stabilire una invariante perpetua e riconoscere la validità paesaggistica esistente prima della seconda guerra mondiale; ciò comporta esiti riguardanti opere recentemente costruite: la passerella altoatesina (con tutto il rispetto) di fronte all’attuale Università, il traffico automobilistico, l’arredo, il verde, ecc.

4)-analoghe considerazioni possono essere fatte anche per il terzo sbarramento realizzato al confine con il Comune di Silea sia come esito paesaggistico che per il problema dei limi e al conseguente regime delle acque.

Il sistema delle acque è un elemento fondamentale del paesaggio urbano di Treviso: essendo venuta a mancare la componente della navigabilità (che in parte potrebbe riprendere con l’eliminazione degli sbarramenti contemporanei) deve essere ampliata la fruizione con una ampliata percorribilità ciclopedonale o anche soltanto pedonale.
Indicazioni interessanti e ancora valide sono presenti nella Relazione Illustrativa del Progetto Preliminare per il Piano Particolareggiato del Centro Storico .

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti di contenuto ritenuto "inadatto" saranno eliminati..