"Ogni cosa era piu' sua che di ogni altro perchè la terra, l'aria, l'acqua non hanno padroni ma sono di tutti gli uomini, o meglio di chi sa farsi terra, aria, acqua e sentirsi parte di tutto il creato." (Mario Rigoni Stern)

mercoledì 5 febbraio 2014

CAPANON CONTRO CAMPAGNA...E DOPO CI LAMENTIAMO?


Egr. Senatore Felice CASSON
Egr. Senatrice Laura PUPPATO
Egr. On. Giulio MARCON
Egr. On. Simonetta RUBINATO
Egr. On. Floriana CASELLATO
Egr. On. Andrea ZANONI

e,p.c.
Ai Soci ed alla Stampa

La sezione di Treviso di ITALIA NOSTRA, rappresentata dal sottoscritto ing. Romeo Scarpa, intende segnalare alle SS.VV. una caso particolare che riteniamo simbolico dei danni prodotti sul territorio veneto dall’uso “disinvolto” dello strumento dello Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) di cui al D.P.R 160/2010.
Tale vicenda è tanto piu' significativa proprio nel momento attuale, in cui tre giorni di piogge in pianura vengono definiti “evento eccezionale” e comportano esondazioni di fiumi e torrenti.
Significativo anche il fatto che tutto si è svolto in modo “legale”, cioè rispettando (al limite della decenza) le leggi e/o “forzando” le stesse in modo politicamente criticabile per interessi non certo comuni.

La vicenda in questione è ormai al suo epilogo perchè l'amministrazione comunale in questione ha posto in opera, in accordo con il privato, interessato (giustamente) a valorizzare i suoi terreni, un sistema di azioni, che partono da un evidente forzatura: si trasforma un'area agricola in un'area industriale, legittimandola progressivamente con atti e ricorsi, che oggi si concluderanno nell'ultimo ricorso al Capo dello Stato.
Questa la situazione nel 2003: campagna!


La penosa vicenda si è svolta nel Comune di Altivole, non a caso confinante con il Comune di Vedelago, dove l'ex Sindaco Quaggiotto ha sostenuto e promosso la costruzione di un megacentro industriale a Barcon in prossimità della palladiana villa Emo; in questo caso, l'intervento di trasformazione di 94 ettari di campagna vergine in zona industriale è stato bocciato da un forte comitato popolare supportato persino da un'istituzione bancaria, oltre che dalle associazioni ambientaliste.

Nel Comune di Altivole il progressivo ampliamento di alcuni annessi rustici destinati a ricovero di legname ha portato alla creazione di una vera e propria area industriale “personalizzata” in piena campagna; il tutto è progredito in circa un decennio nel sostanziale silenzio della popolazione locale, certamente poco coinvolta dalle associazioni come la nostra, ma certamente anche favorevole a simili trasformazioni ed in parte “intimorita” dall’atteggiamento protervo della proprietà e dell’amministrazione comunale.

Riteniamo, infatti, che nel comune di Altivole si sia usato ed abusato dello strumento derogatorio dello SUAP, stravolgendo l’originario assetto del territorio con una progressiva e ingiustificata sottrazione di suolo all’uso agricolo a favore di una fabbrica, che poteva trovare posto e svilupparsi in area propria (industriale) invece che svilupparsi nei terreni di famiglia e in quelli circostanti, deprezzati proprio dall'intervento di sviluppo di questo insediamento.

E' evidente, dalle fotografie che presentiamo, che la “fabbrica” agli inizi degli anni 2000 era formata solo due piccoli edifici produttivi e da una serie di tettoie “su ruote”.
E’ altresì evidente che tale insediamento era situato chiaramente in area agricola , cioè in una zona dove da decenni tutti dicono che deve impedito l'insediamento di attività produttive, visto che il Veneto ne ha un migliaio, oggi vuote...
Sarebbe stato ovvio e semplice nel 2003, incentivare l'azienda in questione a trasferirsi in zona urbanistica “propria”, visto che nel Comune di Altivole esistono!
Così non è stato.
Anzi, si è fatto ben di peggio: si è creata una vera e propria area industriale “privata” in piena zona agricola, legittimandola progressivamente con deliberazioni che oggi portano ad avere zone industriali “a macchia di leopardo” con evidenti problemi per la viabilità e la coesistenza tra residenze, aree agricole e aziende che hanno necessità di fare rumore per lavorare.

Utilizzando i margini concessi da una legislazione regionale derogatoria di cui l'ultimo Piano Casa è l'esempio piu' clamoroso, il Comune di Altivole per stralci successivi ha consentito il progressivo ampliarsi di un'azienda produttiva vicino ad abitazioni storiche in piena zona agricola.
Tutto “legale e legittimo”, per carità!!
Lo dicono varie sentenze amministrative, ma nella sostanza vi è la conferma che il famoso dissesto urbanistico del territorio veneto non è altro che la somme di centinaia di comportamenti simili a questo.

Il comportamento di un potere locale che dimostra l'usuale scarsa capacità di contrattare, da pari a pari, con i poteri privati forti e la convenienza (politica) a trovare un accordo con la scusa di favorire il lavoro o di avere risibili opere pubbliche a compensazione (le famose piste ciclabili in zona agricola).

I “danni” prodotti da simili comportamenti, che contrastano con uno sviluppo ordinato e pianificato del territorio, non vengono mai considerati, salvo quando.... piove, come in questi giorni, e tutti ci stupiamo del fatto che i fiumi si alzino di livello in modo così repentino.

Poco serve ricordare che l'intensa edificazione ed impermeabilizzazione del territorio comporta l'accelerazione dello scarico delle acque ed i conseguenti innalzamenti dei livelli dei fiumi che ricevono quest'acqua.
Poco serve dire che è necessario usare il territorio già urbanizzato (in questo caso le aree industriali esistenti) invece di invadere ulteriore terreno permeabile...

Nella foto 1 che risale al 2004 è evidente che attorno ad una casa rurale originaria ci sono campi e due “annessi rustici” destinati a piccola fabbrica; sembrerebbe semplice incentivare questo privato a trasferirsi in un'area industriale creata “ad hoc”, dove l'attività potrebbe svilupparsi ed lavorare con maggior facilità.
Perchè non lo si fa? Per i soliti problemi di “schèi”: l'area agricola attorno costa 6-10 euro/mq, mentre un'area industriale lottizzata costa (costava!) 100 euro/mq.

Nella foto 2 (2014) risulta evidentissimo che i due edifici originari (annessi rustici) si sono consolidati ed ampliati in modo abnorme ed ormai hanno trasformato la zona agricola con residenze in una delle mitiche zone del nord- est.
Un luminoso esempio di trasformazione urbana dove il Veneto promuove il suo territorio agricolo a 5 chilometri da villa Emo!

foto 1: la zona di via Edificio (Altivole) nel 2003 - fonte google maps




foto 2 - la zona di via Edificio (Altivole) nel 2014 - fonte google maps


E' un piccolo, ma significativo, esempio, che però dimostra quanto ci sia ancora da fare per ridurre il consumo del suolo, che viene difeso solo a parole.
Osservate bene i due complessi industriali che si sono estesi e ancora si stanno espandendo in piena zona.... “industriale”; oggi infatti le aree di questi capannoni sono a tutti gli effetti vere e proprie zone D, cioè destinate ad edifici industriali, ma ricadono in piena campagna. Che “stranezze”!!

Recentemente in Regione Veneto sono stati presentati due progetti di legge (PdL n.390 e n.393) per “ridurre il consumo del territorio”,ma nella realtà l'interesse del pubblico e privato risulta sempre essere quello di edificare o consentire di edificare dove costa meno, come dimostra il recente tentativo della lobby agromeccanica di poter costruire (sempre in deroga) in area agricola ricoveri per loro mezzi!!

Poi tutti a stupirsi quando i fiumi esondano o quando le strade sono insufficienti alla dimensioni dei mezzi di trasporto industriali o perchè i TIR carichi di materiali sono in coda con le mamme che vanno a prendere i figli a scuola!!
Nel caso specifico, oltretutto, la giustizia amministrativa non ha riconosciuto la legittimazione ad agire dell’unico cittadino che ha ricorso contro l’ampliamento, poiché il giudice non ha ritenuto sufficiente che l’abitazione del ricorrente fosse prospiciente (cioè residente di fronte) anziché confinante in senso stretto con il lotto dove insiste la fabbrica!
 


Tra l’altro in questo modo, a nostro avviso, misconoscendo quella giurisprudenza che valuta la “vicinitas” un criterio idoneo a legittimare l’impugnazione di singoli titoli edilizi (cfr. Cons . Stato, Sez .I V, 4 maggio 2010 n.2565)

Nel frattempo il Comune di Altivole ha concluso tutti i passaggi formali per dare legittimità ad un’operazione che favorisce in modo indubitabile il proprietario della fabbrica, cui è stata concessa la possibilità di ampliarsi a minor costo (ovvero senza dover pagare il costo di un’area produttiva), mentre nello stesso Comune ci sono zone industriali pianificate, ma vuote.

Un danno grave per tutti noi (collettività) visto che si consuma prezioso suolo agricolo e si peggiora la qualità generale del territorio per incapacità politica di avere un'azione amministrativa lungimirante.

Oggi, 4 febbraio 2014, si discute il Ricorso avanti il Capo dello Stato (RG 4670/2013) per cercare di limitare i danni, morali e sostanziali, ma ci sarà una probabile ennesima “sconfitta” del Privato contro Azienda+Comune.
Non potrà essere un gran vanto però per Sindaco e Azienda, perchè ormai è evidente che simili comportamenti creano danni al territorio e poca utilità alla collettività.

Le passate elezioni a Vedelago hanno dimostrato che i cittadini capiscono ed hanno punito severamente chi promuoveva interessi che devastavano il territorio.
Ci auguriamo che anche i cittadini di Altivole alle prossime elezioni comunali sappiano scegliere chi non fa di simili interventi un vanto e “mandi a casa” simili amministratori, che magari vincono al TAR o al Consiglio di Stato, ma sono destinati ad essere ricordati come.... novelli Attila.

Il danno fatto in questa zona al territorio è ormai irreparabile, ma speriamo che un cambio radicale di mentalità dei nostri politici ed imprenditori possa modificare questo stato ed invertire il degrado ambientale di questo Veneto.


p. ITALIA NOSTRA Treviso
il presidente
Romeo Scarpa

Post scriptum
Per i Parlamentari si allegano gli atti specifici per meglio comprendere e valutare la questione.
Per la stampa ed i nostri Soci invece la questione viene lasciata senza nominativi, cioè a livello generale e politico, visto che l'Azienda in questione ha citato in giudizio il nostro socio per presunta diffamazione a mezzo stampa per alcuni banali articoli, chiedendo un risarcimento di appena 1 milione di euro!


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