“Domandarsi
cosa ne sarà del giardino significa domandarsi cosa ne sarà
dell’umanità, tanto intimo è il legame tra giardino e uomo. Da
qualche mese i giornali parlano di guerra. La prossima, dicono,
grazie ai progressi della tecnologia sarà la più distruttiva di
quelle finora conosciute. Io penso a quell’altra guerra, nella
quale c’impegniamo quotidianamente senza saperlo, assorbiti come
siamo dalle mille incombenze quotidiane. Sto parlando della guerra
che abbiamo dichiarato alla vita.
Di questo conflitto, i danni della
società industriale e materialista sono le forme più evidenti; il
distacco dalla natura, la sua conseguenza più profonda. Quando la
prossima guerra sarà finita ce ne saranno altre, e il progresso
continuerà nella sua corsa e la Terra diverrà uno spazio sempre
meno abitabile.
Poco a poco, probabilmente, gli uomini si
risveglieranno, come dopo un’ubriacatura, si renderanno conto
dell’errore commesso voltando le spalle alle loro origini. Vedremo
finalmente che in fondo al deserto c’è solo un deserto. Sarà
troppo tardi?
Ci sarà ancora un giardino, accanto a noi, per dirci
che sì, possiamo ritrovare la strada giusta, quella del ritorno?
Nonostante tutto la risposta della mia anima è: sì. I giardini
sopravvivranno. Ne sono convinto. Finchè ci saranno esseri umani
che cercano di rinnovare un dialogo con la natura, ci saranno veri
giardini, e quindi una speranza. Sopravivranno come luoghi dissenso.
Non hanno già adesso questo ruolo, che non avrebbero mai pensato di
dover sostenere?
Il
giardino non è mai perduto: Così essendo troppo vecchio per credere
alle rivoluzioni, non avendo mai avuto gusto per i manifesti
politici, io non raccomando altro che una forma di ribellione: il
giardinaggio.
Fate giardini!
Veri giardini, naturalmente, luoghi
indomiti, fuorilegge. Io, che sono sempre stato allergico alla
civiltà, con questo sangue di barbaro dell’estremo Nord che mi
scorre nelle vene, ho curato un giardino selvatico.
Voi scegliete lo
stile che vi si confà. Tracciare il vostro disegno sulla faccia
della Terra, che si presta sempre volentieri ai sogni dell’uomo,
piantate un giardino e prendetevene cura. E proteggete anche quelli
che restano e resistono, i vecchi luoghi abitati dalle piante che
arrivano da lontano e continuano a sognare, nonostante l’insensato
baccano che li circonda.
Lavorate con i poeti, i maghi, i danzatori e
tutti gli altri artigiani dell’invisibile per rimettere al suo
posto il mistero del mondo. Ciò facendo affronterete le forze
contrarie che oggi sembrano più potenti che mai. Non opporrete al
sistema vigente un’ideologia o un progetto politico, ma un semplice
luogo con i suoi semplici valori. Non avrete il desiderio assurdo di
cambiare il mondo: farete solo un piccolo spazio alla vita.
La natura
vi offre questa possibilità……..
Gli dei sono dalla vostra parte.
Sì quegli dei che si è voluto scacciare, anche loro esuli dalla
Terra, ma sempre infinitamente, più saggi dei mortali. Stanno
aspettando gli uomini, sorridendo dei loro errori e delle loro
speranze, dietro il cancello aperto del giardino.”
“Non
sono filosofo, ma questo so: nel nostro tempo troppo pieno di sé e
delle sue conquiste, in questa nostra società in cui sembra che il
destino di qualsiasi attività sia generare ricchezza, soddisfare
desideri perlopiù superflui, abbiamo dimenticato un bisogno, tanto
essenziale quanto mangiare o bere. Abitare un mondo dotato di senso”.
“Restano
ancora in Occidente, dei luoghi incantati, abitati dall’invisibile.
Sono luoghi in cui un tempo gli uomini hanno costruito templi e
chiese, o resistono ruderi di antiche città e castelli. Talvolta
basta una sola pietra per far nascere tutt’intorno un luogo vero,
per raccontare una storia. Se questi posti hanno saputo conservare
un’anima, è perché l’avanzata massiccia della storia li ha
risparmiati. Sono, insomma, di superstiti e, se preferite, dei luoghi
fantasma. Spesso li si incontra per caso.
Talvolta, di primo acchito
ci deludono: sembrano abbandonati, trascurati, cosa che
invariabilmente mette a disagio l’uomo civilizzato, così amante
dell’ordine e della pulizia (vedi antropologia Homo Fulvo Pettinaticus - ndr).
Nella maggior parte dei casi non siamo
molto edotti sulla storia del sito e – altra cosa che ci disorienta
– non sappiamo granchè di dove ci troviamo. Entrandovi però
persino il razionalista più incallito comprende che non si tratta di
un luogo neutro. L’aria che visi respira è diversa, e altrettanto
diversa è la qualità della luce.
Lo spazio è come carico di una
strana densità, di una profondità insondabile, come se qualcosa
nella vita degli uomini e delle donne che lì hanno pregato, amato,
sofferto e sognato avesse resistito allo scorrere del tempo, via via
modificando il sito fino a farne ciò che è”.
“Così
i veri luoghi scompaiono uno dopo l’altro insieme al loro mistero,
alle storie che custodivano, al loro silenzio benedetto. Se non
vengono semplicemente distrutti, li si trasforma in "monumenti">.
In questo caso dopo essere stati restaurati in modo da sembrare
più giocattoli che luoghi reali, diventano siti turistici.
Niente
più tracia del loro mistero, ma che importa? Finalmente servono a
qualcosa: attrarre visitatori affamati di distrazioni. I luoghi si
ritrovano così trasformati in scenari dove il turista, cioè il
povero erede di ciò che un tempo era il viaggiatore, inscena la
propria capacità di meravigliarsi di fronte al mondo”.
(JORN
DE PRECY -1912)
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