"Ogni cosa era piu' sua che di ogni altro perchè la terra, l'aria, l'acqua non hanno padroni ma sono di tutti gli uomini, o meglio di chi sa farsi terra, aria, acqua e sentirsi parte di tutto il creato." (Mario Rigoni Stern)

venerdì 4 ottobre 2013

PAT TREVISO: DEVO OBBLIGATORIAMENTE ACCETTARE LE VOLUMETRIE DEL VECCHIO PRG??

In relazione alla questione della legittimità di modificare/azzerare le volumetrie del precedente PRG non attuate, ecco  un breve ricerca sulla giurisprudenza consolidata dà questi risultati.
Sono, com'è ovvio, precise SCELTE POLITICHE da motivare a livello generale nell'adozione del nuovo PAT....

“nel caso dello strumento urbanistico generale, le motivazioni relativamente alle modifiche alla zonizzazione sono ritenute necessarie solo quando in capo ad alcuni soggetti si siano consolidate situazioni obiettive, mentre in ogni altro caso in cui lo strumento urbanistico modifichi una precedente destinazione urbanistica, ciò non determina la necessità di alcuna specifica motivazione in ordine alle ragioni che hanno determinato tale modificazione, è giurisprudenza pacifica quella che, peraltro, risponde ad esigenze operative evidenti e si trova altresì inserita nella L. n. 241 del 1990, per cui gli atti a carattere generale non abbisognano di specifiche motivazioni e tale è indubbiamente il Piano regolatore generale. “(Cons. Stato Sez. IV, 21-02-2005, n. 558 ) “il principio generale di non necessità di motivazione analitica e specifica in materia di pianificazione urbanistica incontra una deroga nel caso in cui venga disposta una variante ad uno strumento urbanistico limitata ad un unico determinato terreno: soltanto in tal caso, come nel caso in cui la variante incida su aspettative assistite da speciale tutela, si rende necessaria una puntuale motivazione-(T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Bolzano, 12-01-2012, n. 9).
Tale regola generale subisce delle eccezioni in alcune situazioni specifiche in cui il principio della tutela dell'affidamento impone che lo strumento urbanistico dia conto del modo in cui sia stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e siano state operate le scelte di pianificazione. Si tratta di tutti i casi di affidamento qualificato del privato, riconducibili a convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, e alle aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di permesso di costruire o di silenzio-rifiuto su una domanda di concessione.
Ritiene il Consiglio di Stato nella sentenza in esame di rimarcare che per pacifica giurisprudenza "le scelte effettuate dall'amministrazione per la destinazione delle singole aree, al momento dell'adozione del piano regolatore generale o di variante al medesimo, costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al sindacato giurisdizionale, salvo che non siano affette da errori di fatto o da abnormi illogicità."(Cons. Stato Sez. IV, 03-08-2010, n. 5157). Ciò implica, quale necessario corollario, la conseguenza per cui "trattandosi di scelte discrezionali, in merito alla destinazione di singole aree, queste non necessitano di apposita motivazione, oltre quelle che si possono evincere dai criteri generali, di ordine tecnico-discrezionale, seguiti nella impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al piano regolatore generale."(Cons. Stato Sez. IV Sent., 03-11-2008, n. 5478). (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 18.4.2013, n. 2171).
 “in virtù di un principio di ordine generale, ormai consolidato, in tema di rapporto tra p.r.g. e obbligo di motivazione, le scelte urbanistiche, trasfuse in un piano regolatore, non comportano, di regola, la necessità di una specifica motivazione, che tenga conto delle aspirazioni dei privati e ciò anche quando si tratti di variante al piano vigente o di modifiche a scelte precedenti, essendo obbligatoria solo in presenza di impegni già presi con la stipula di una convenzione di lottizzazione, o quando lo strumento incida su aspettative qualificate”.(Cons. Stato Sez. IV, 25-02-2005, n. 970 ).
Il caso di una lottizzazione convenzionata, scaduta per il decorso decennale dei termini previsti per la sua validità  non comporta obbligo specifico di motivazione nel caso una variante al PRG ne muti la destinazione in senso peggiorativo per il proprietario interessato. In tal caso, infatti, non si tratta l'affidamento del privato risulta consolidato per effetto di pregressi atti amministrativi o di decisioni giurisdizionali. L'aspettativa di mero fatto derivante da una precedente previsione urbanistica che consenta un utilizzo dell'area in modo più proficuo è invece cedevole dinanzi alla discrezionalità del potere pubblico di pianificazione urbanistica e non comporta la necessità di motivazioni ulteriori rispetto a quelle che si possono desumere dai criteri di ordine tecnico-urbanistico seguiti nella elaborazione progettuale del piano. Del pari è da escludere che la mera pendenza di una domanda tendente al conseguimento di un titolo edilizio sia idonea a consolidare una pretesa qualificata del proprietario di fronte all'intendimento dell'amministrazione di sacrificare la destinazione edificatoria dell'area.  (ex multis: “il piano di lottizzazione ha una durata decennale. Decorso il relativo termine, esso perde di efficacia e non può più costituire valido presupposto per il rilascio di qualsivoglia titolo abilitativo alla edificazione di manufatti.”-Cons. Stato Sez. IV, 06-04-2012, n. 2045-). Consiglio di Stato, IV sez. , n. 353/2013. 
 Il T.A.R. Veneto, sez. II, con la sentenza del 09 maggio 2013 n. 689, conferma che le scelte urbanistiche rientrano nella discrezionalità dell’ente; tuttavia, laddove vi è un (precedente) affidamento qualificato del privato, esse necessitano di una motivazione specifica e puntuale atteso che: “Secondo i consolidati principi, infatti, le scelte di ordine urbanistico sono riservate alla discrezionalità dell’amministrazione, cui compete il coordinamento di quelle esigenze che nella concreta realtà si presentano in modo articolato, con la conseguenza che nell’adozione di un atto di programmazione territoriale avente rilevanza generale l’amministrazione stessa non è tenuta a dare specifica motivazione delle singole scelte operate, che trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del piano, a meno che sulla precedente disciplina urbanistica siano state fondate specifiche aspettative, come quelle derivanti da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia o dalla reiterazione di un vincolo scaduto (per tutte, Cons. Stato, IV, 4 maggio 2010, n. 2545
Tali evenienze generatrici di affidamento “qualificato”, sulla scia della giurisprudenza ormai consolidata, laddove insussistenti, fanno sì che non sia configurabile un’aspettativa qualificata ad una destinazione edificatoria, ma una mera spes, e quindi solo l’aspettativa generica ad una reformatio in melius, analoga a quella di qualunque altro proprietario di aree che aspiri all’utilizzazione più proficua dell’immobile, posizione cedevole rispetto alle scelte urbanistiche dell’Amministrazione; onde non può essere invocata la c.d. polverizzazione della motivazione, la quale si porrebbe in contrasto con la natura generale dell’atto e i criteri di ordine tecnico seguiti per la redazione dello stesso (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n. 24 del 1999; idem, cit., sez. IV, n. 5210 del 2007; Cons.Stato, sez. III, 6 ottobre 2009,n. 1610; idem, sez. IV, 12 maggio 2010 , n. 2843; T.A.R.Umbria, 12 luglio 2007 , n. 554, Tar Campania, Napoli, sez. V, 3 giugno 2008 , n. 5222). 
 ancora: “1.3.4. Peraltro, la giurisprudenza amministrativa ha sempre affermato che non è invocabile, in materia, una sorta di diritto alla immutabilità della classificazione urbanistica dell’area di proprietà, e che la preesistente destinazione urbanistica non impedisce l’introduzione di previsioni di segno diverso in virtù dell’esercizio di uno jus variandi pacificamente riconosciuto all’Amministrazione. Ed inoltre, che la posizione del proprietario assume un contenuto di semplice aspettativa, senza che perciò, possa configurarsi a carico dell’Ente locale un onere di specifica motivazione in ordine alla disposta variazione urbanistica dell’area, ben potendo soccorrere al riguardo l’esposizione delle ragioni di carattere generale sottese alle scelte di gestione del territorio comunale (cfr Ad. Pl. n.24 del 22/12/1999)”.
   
 con riferimento alle lottizzazioni, la giurisprudenza riporta l’obbligo di una specifica motivazione a volte alle lottizzazioni approvate, altre volte a lottizzazioni convenzionate. In tale caso una modifica al PRG che  riduca/elimini l’edificabilità dell’area  comporta una  motivazione in ordine ai criteri di pianificazione ovvero alle caratteristiche dell’area che inducono la PA ad una scelta diversa rispetto alla precedente ( ad es. coerente con un disegno unitario di salvaguardia paesaggistica ed ambientale posto a base del nuovo P.A.T, in relazione alla riscontrata esistenza in aree contigue di un qualche vincolo.cfr sent C.d.S n. 02030/2013). 
 L'autorità comunale non è tenuta ad esternare con ampia motivazione le risultanze dell'analisi delle ragioni di interesse pubblico che l'abbiano indotta a modificare le valutazioni e le scelte urbanistiche già effettuate in sede di pianificazione lottizzatoria quando l'iter procedimentale relativo al piano di lottizzazione non si sia ancora perfezionato con le necessarie delibere del Consiglio comunale e l'approvazione dell'organo competente, in quanto essa viene a sacrificare posizioni di soggetti privati non ancora qualificate (Consiglio di Stato, sez. IV, 19.01.1988, n. 9)

Per quanto concerne poi la disparità di trattamento, il T.A.R. Veneto n. 677/2013 sottolinea che: “.. le scelte urbanistiche hanno un effetto necessariamente disuguagliante, piuttosto, in questa materia, la regola è paradossalmente la disparità di trattamento, non essendo possibile pianificare l’uso del territorio senza differenziare le varie sue parti, valorizzandole alcune, destinandole ad esempio all’edilizia privata, e mettendone altre più o meno direttamente al loro servizio. In altri termini, poiché il piano ha come oggetto principale quello di attribuire destinazioni di aree, che non possono essere comunque le stesse, esso riveste necessariamente un carattere discriminatorio.Conseguentemente, non possono avere ingresso in tale materia censure basate sulla disparità di trattamento. In tal senso si veda la giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo la quale “la scelta amministrativa sottesa all’esercizio del potere di pianificazione di settore deve obbedire solo al superiore criterio di razionalità nella definizione delle linee dell’assetto territoriale, nell’interesse pubblico alla sicurezza delle persone e dell’ambiente, e non anche ai criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli, con la conseguenza che in relazione ad essa non può prospettarsi una disparità di trattamento.” (Cons. St. n. 3358/2008)”.

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