In relazione alla questione della legittimità di modificare/azzerare le volumetrie del precedente PRG non attuate, ecco un breve ricerca sulla giurisprudenza consolidata dà questi risultati.
Sono, com'è ovvio, precise SCELTE POLITICHE da motivare a livello generale nell'adozione del nuovo PAT....
“nel caso dello
strumento urbanistico generale, le motivazioni relativamente alle modifiche alla
zonizzazione sono ritenute necessarie solo quando in capo ad alcuni soggetti si
siano consolidate situazioni obiettive, mentre in ogni altro caso in cui lo
strumento urbanistico modifichi una precedente destinazione urbanistica, ciò non
determina la necessità di alcuna specifica motivazione in ordine alle ragioni
che hanno determinato tale modificazione, è giurisprudenza pacifica quella
che, peraltro, risponde ad esigenze operative evidenti e si trova altresì
inserita nella L. n. 241 del 1990, per cui gli atti a carattere generale non abbisognano di
specifiche motivazioni e tale è indubbiamente il Piano regolatore generale.
“(Cons. Stato Sez. IV,
21-02-2005, n. 558 ) “il principio generale di non necessità di motivazione
analitica e specifica in materia di pianificazione urbanistica incontra una
deroga nel caso in cui venga disposta una variante ad
uno strumento urbanistico limitata ad un unico determinato terreno: soltanto in
tal caso, come nel caso in cui la variante incida su aspettative assistite da
speciale tutela, si rende necessaria una puntuale motivazione-(T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Bolzano, 12-01-2012, n.
9).
Tale regola generale subisce delle eccezioni in alcune
situazioni specifiche in cui il principio della tutela dell'affidamento impone
che lo strumento urbanistico dia conto del modo in cui sia stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e siano
state operate le scelte di pianificazione. Si tratta di tutti i casi di affidamento qualificato del privato, riconducibili a convenzioni di
lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e
i proprietari
delle aree, e alle aspettative nascenti da giudicati di annullamento di
dinieghi di permesso di costruire o di silenzio-rifiuto su una domanda di
concessione.
Ritiene il
Consiglio di Stato nella sentenza in esame di rimarcare che per pacifica
giurisprudenza "le scelte effettuate dall'amministrazione per la destinazione
delle singole aree, al momento dell'adozione del piano regolatore generale o di
variante al medesimo, costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al sindacato giurisdizionale,
salvo che non siano affette da errori di fatto o da abnormi illogicità."(Cons. Stato Sez. IV, 03-08-2010, n. 5157). Ciò implica, quale necessario
corollario, la conseguenza per cui "trattandosi di
scelte discrezionali, in merito alla destinazione di singole aree, queste non
necessitano di apposita motivazione, oltre quelle che si possono evincere dai
criteri generali, di ordine tecnico-discrezionale, seguiti nella impostazione
del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di
accompagnamento al progetto di modificazione al piano regolatore
generale."(Cons. Stato Sez.
IV Sent., 03-11-2008, n. 5478). (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 18.4.2013, n. 2171).
“in virtù di un principio di ordine generale, ormai consolidato, in tema di rapporto
tra p.r.g. e obbligo di motivazione, le scelte
urbanistiche, trasfuse in un piano regolatore, non comportano, di regola, la
necessità di una specifica motivazione, che tenga conto delle aspirazioni dei
privati e ciò anche quando si tratti di variante al piano vigente o di modifiche
a scelte precedenti, essendo obbligatoria solo in
presenza di impegni già presi con la stipula di una convenzione di
lottizzazione, o quando lo strumento incida su aspettative
qualificate”.(Cons. Stato Sez. IV, 25-02-2005, n. 970 ).
Il caso
di una lottizzazione convenzionata, scaduta per
il decorso decennale dei termini previsti per la sua validità non comporta obbligo
specifico di motivazione nel caso una variante al PRG ne muti la destinazione in
senso peggiorativo per il proprietario interessato. In tal caso, infatti, non si
tratta l'affidamento del privato risulta consolidato
per effetto di pregressi atti amministrativi o di decisioni giurisdizionali.
L'aspettativa di mero fatto derivante da una
precedente previsione urbanistica che consenta un utilizzo dell'area in modo più
proficuo è invece cedevole dinanzi alla discrezionalità del potere pubblico di
pianificazione urbanistica e non comporta la necessità di motivazioni ulteriori
rispetto a quelle che si possono desumere dai criteri di ordine
tecnico-urbanistico seguiti nella elaborazione progettuale del
piano.
Del pari è da escludere
che la mera pendenza di una domanda tendente al conseguimento di un titolo
edilizio sia idonea a consolidare una pretesa qualificata del proprietario di
fronte all'intendimento dell'amministrazione di
sacrificare la destinazione edificatoria dell'area. (ex multis: “il piano di lottizzazione ha una durata decennale.
Decorso il relativo termine, esso perde di efficacia e
non può più costituire valido presupposto per il rilascio di qualsivoglia titolo
abilitativo alla edificazione di manufatti.”-Cons. Stato Sez. IV, 06-04-2012,
n. 2045-). Consiglio di Stato, IV sez. , n.
353/2013.
Il T.A.R. Veneto, sez. II, con la sentenza del 09 maggio
2013 n. 689,
conferma che le scelte urbanistiche rientrano nella discrezionalità dell’ente;
tuttavia, laddove vi è un (precedente) affidamento
qualificato del privato, esse necessitano di una
motivazione specifica e puntuale atteso che: “Secondo i consolidati
principi, infatti, le scelte di ordine urbanistico sono riservate alla
discrezionalità dell’amministrazione, cui compete il coordinamento di quelle
esigenze che nella concreta realtà si presentano in modo articolato, con la
conseguenza che nell’adozione di un atto di programmazione territoriale avente
rilevanza generale l’amministrazione stessa non è tenuta a dare specifica
motivazione delle singole scelte operate, che trovano giustificazione nei
criteri generali di impostazione del piano, a meno che sulla precedente
disciplina urbanistica siano state fondate specifiche aspettative, come quelle
derivanti da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di
annullamento di un diniego di concessione edilizia o dalla reiterazione di un
vincolo scaduto (per tutte, Cons. Stato, IV, 4 maggio
2010, n. 2545
Tali
evenienze generatrici di affidamento “qualificato”,
sulla scia della giurisprudenza ormai consolidata, laddove insussistenti, fanno
sì che non sia configurabile un’aspettativa qualificata ad una destinazione
edificatoria, ma una mera spes, e quindi solo
l’aspettativa generica ad una reformatio in melius, analoga a quella di qualunque altro proprietario di
aree che aspiri all’utilizzazione più proficua dell’immobile, posizione cedevole
rispetto alle scelte urbanistiche dell’Amministrazione; onde non può essere
invocata la c.d. polverizzazione della motivazione, la quale si porrebbe in
contrasto con la natura generale dell’atto e i criteri di ordine tecnico seguiti
per la redazione dello stesso (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n. 24 del 1999; idem, cit., sez.
IV, n. 5210 del 2007; Cons.Stato, sez. III, 6 ottobre
2009,n. 1610; idem, sez. IV, 12 maggio 2010 , n. 2843;
T.A.R.Umbria, 12 luglio 2007 , n. 554, Tar Campania, Napoli, sez. V, 3 giugno 2008 , n.
5222).
ancora:
“1.3.4. Peraltro, la giurisprudenza amministrativa ha sempre affermato che non è
invocabile, in materia, una sorta di diritto alla
immutabilità della classificazione urbanistica dell’area di proprietà, e
che la preesistente destinazione urbanistica non impedisce l’introduzione di
previsioni di segno diverso in virtù dell’esercizio di uno jus variandi pacificamente
riconosciuto all’Amministrazione. Ed inoltre, che la posizione del proprietario
assume un contenuto di semplice aspettativa, senza che
perciò, possa configurarsi a carico dell’Ente locale un onere di specifica
motivazione in ordine alla disposta variazione urbanistica dell’area, ben
potendo soccorrere al riguardo l’esposizione delle ragioni di carattere generale
sottese alle scelte di gestione del territorio comunale (cfr Ad. Pl. n.24 del 22/12/1999)”.
con riferimento alle lottizzazioni, la giurisprudenza
riporta l’obbligo di una specifica motivazione a volte alle lottizzazioni
approvate, altre volte a lottizzazioni convenzionate. In tale caso una modifica
al PRG che
riduca/elimini l’edificabilità
dell’area comporta una motivazione in ordine ai criteri di
pianificazione ovvero alle caratteristiche dell’area che inducono
la PA ad una scelta
diversa rispetto alla precedente ( ad es. coerente con un disegno unitario di salvaguardia
paesaggistica ed ambientale posto a base del nuovo P.A.T, in relazione alla riscontrata esistenza in aree
contigue di un qualche vincolo.cfr sent C.d.S n.
02030/2013).
L'autorità comunale non è tenuta ad esternare con
ampia motivazione le risultanze dell'analisi delle
ragioni di interesse pubblico che l'abbiano indotta a modificare le valutazioni
e le scelte urbanistiche già effettuate in sede di pianificazione lottizzatoria
quando l'iter procedimentale relativo al piano di
lottizzazione non si sia ancora perfezionato con le necessarie delibere del
Consiglio comunale e l'approvazione dell'organo competente, in quanto essa viene
a sacrificare posizioni di soggetti privati non ancora qualificate (Consiglio di Stato, sez. IV, 19.01.1988, n.
9)
Per quanto concerne poi la disparità di
trattamento, il
T.A.R. Veneto n. 677/2013 sottolinea che: “.. le scelte
urbanistiche hanno un effetto necessariamente disuguagliante, piuttosto, in
questa materia, la regola è paradossalmente la disparità di trattamento, non
essendo possibile pianificare l’uso del territorio senza differenziare le varie
sue parti, valorizzandole alcune, destinandole ad esempio all’edilizia privata,
e mettendone altre più o meno direttamente al loro servizio. In altri termini,
poiché il piano ha come oggetto principale quello di attribuire destinazioni
di aree, che non possono essere comunque le stesse,
esso riveste necessariamente un carattere discriminatorio.Conseguentemente, non possono avere ingresso in tale
materia censure basate sulla disparità di trattamento. In tal senso si veda la
giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo la quale “la scelta
amministrativa sottesa all’esercizio del potere di pianificazione di settore
deve obbedire solo al superiore criterio di razionalità nella definizione delle
linee dell’assetto territoriale, nell’interesse pubblico alla sicurezza delle
persone e dell’ambiente, e non anche ai criteri di proporzionalità distributiva
degli oneri e dei vincoli, con la conseguenza che in relazione ad essa non può prospettarsi una disparità di trattamento.”
(Cons. St. n.
3358/2008)”.
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